Rio de Janeiro
E´tempo di riflessione e di preghiera alle Gmg. Cominciano le catechesi. Cosi´ le mattine di mercoledi´, giovedi´ e venerdi´; 273 i luoghi scelti, palestre incluse; sette le lingue parlate: portoghese, spagnolo, inglese, francese, tedesco, italiano e polacco. I vescovi chiamati a guidare catehcesi in italiano sono quindici. Si tratta del
cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana); del
cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze; di
monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei;
di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia; di
monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino; di
monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto; di
monsignor Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia; di
monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari; di
monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza; di
monsignor Mario Delpini, vescovo ausiliare di Milano; di
monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina ed assitente generale dell´Azione Cattolica; di
monsignor Enrico Solmi, vescovo di Parma; di
monsignor Enrico Dal Covolo, Rettore della Pontificia Universita´ Lateranense; di
monsignor Claudio Giuliodori, assistemnte dell´Unievsrita´Cattolica del Sacro Cuore e di
monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare di |Gerusalemme.
«Siamo gettati a caso nell’universo? Siamo vagabondi o pellegrini?», ha detto il cardinale Angelo Bagnasco. «La vita vale la pena di essere vissuta?». «L’uomo è un ‘paradosso’», ha poi osservato il cardinale, «un meraviglioso ‘mistero’: ci sentiamo sospesi tra finito e infinito, dolore e felicità, morte e vita, tempo ed eternità». Insomma, “se abbiamo il coraggio di non esser superficiali e distratti”, capiamo di essere “creature di confine”. Addirittura, “sentiamo che il mondo è troppo stretto per il nostro cuore: tutto ciò che appaga è limitato e finito”. L’uomo esprime questa “inquietudine”. Allora, «dobbiamo essere fedeli a noi stessi, alla sete del nostro cuore». Infatti, «la nostra incompiutezza, come una melodia o un grande affresco, racchiude una grazia».