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mercoledì 23 aprile 2025
 
Verso la GMG
 

«Giovani, ridate fiato all’Europa stanca ed egoista»

20/03/2016  Mancano quattro mesi alla Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. Quasi centomila gli italiani iscritti. Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza episcopale italiana, indica le sfide da raccogliere e come si stanno preparando le parrocchie e gli oratori. E avverte: «La fede dei giovani è fragile, non bisogna dare nulla per scontato»

Partiamo dai numeri. Sono circa novantamila gli italiani finora iscritti alla prossima Giornata mondiale della gioventù (Gmg) in programma a Cracovia, in Polonia, dal 26 al 31 luglio, con papa Francesco. «Se il trend continua così», spiega don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, «sarà una delle Gmg più partecipate dagli italiani». Ma i  numeri non dicono tutto. E don Michele non è affatto il tipo che ama cullarsi: «Le cifre sono importanti, certo, ma io credo che ci sia una certa fatica nello spiegare ai ragazzi che cos’è la Gmg. Noi di una certa generazione diamo quasi per scontato che sia un evento di Chiesa al quale partecipare. “La Gmg è la Gmg, basta la parola”, si diceva una volta. In realtà non è più così».
Don Michele è responsabile della macchina organizzativa ma da pastore è animato dall’ansia di dover educare quei giovani dalla fede fragile, con una conoscenza delle Scritture e della dottrina assai precaria, come emerso da un recente rapporto dell’Istituto Toniolo di Milano. Al netto di tutto, sa bene, don Michele, che la Gmg non è un evento tra i tanti ma un incontro a tu per tu con quel Protagonista dei Vangeli che ad ogni generazione ripresenta l’interrogativo che un giorno risuonò a Cesarea di Filippo e ora riecheggia nell’intimità di ognuno: «Voi chi dite che io sia?».
«Bisognerebbe domandarselo, qui non ci facciamo più le domande giuste», spiega. «Dal 2007 a oggi l’unico grande evento è stata la Gmg di Madrid, questo significa che la generazione dei preti ed educatori pensa che tutto sia chiaro e scontato. In realtà noi abbiamo a che fare con una generazione che, forse, ha partecipato soltanto alla Gmg del 2011 a Madrid. Se in passato un ragazzo in parrocchia partecipava in media a due o tre eventi, adesso a malapena partecipa a uno». Non ha ricette facili don Michele: «I ragazzi», suggerisce, «devono essere coinvolti a livello personale, non basta la locandina della Gmg. Occorre fare uno sforzo di ascolto e di educazione nelle parrocchie e negli oratori».

Don Michele Falabretti, 48 anni, è responsabile nazionale per la Pastorale giovanile della CEI
Don Michele Falabretti, 48 anni, è responsabile nazionale per la Pastorale giovanile della CEI

UN CAMMINO INSIEME

La difficoltà a coinvolgere i giovani nella Gmg è, in definitiva, la difficoltà di educare alla fede. «Noi crediamo che questo sia un gesto tradizionale, quasi automatico», dice don Michele. «Valeva in un mondo dove, come si diceva, “non si poteva non essere cristiani”. Oggi la frammentazione della contemporaneità ha effetti dirompenti. Questo ci chiede di metterci in gioco in modo diverso».
La prima “regola”, se così si può dire, è il coinvolgimento. «Potrei dire a un giovane “vieni alla Gmg”. Io direi invece “andiamo, io e te”. Andiamo vuol dire che siamo in cammino insieme e in questo percorso siamo in tanti. La convocazione della Gmg la fa il Papa attorno alla Croce di Cristo. Questo potrebbe e dovrebbe dare il senso alla partecipazione dei ragazzi. Ci sono diocesi medio piccole che hanno migliaia di giovani e altre che ne hanno molti di meno. Questo dipende anche dalla capacità di coinvolgere».
Don Michele è appena rientrato da Cracovia dove la macchina dell’organizzazione “gira” a pieno regime. «Ci sono intoppi, problemi tecnici ma questo è normale», spiega. Dopo Brasile 2013, la prima Gmg di papa Francesco che sulla spiaggia di Copacabana vide arrivare tre milioni di persone, ora tocca alla Polonia, nel cuore dell’Europa in agonia, la terra di san Giovanni Paolo II che fu l’inventore di questi eventi. «Papa Wojtyla», avverte don Michele, «l’abbiamo incontrato noi, i ragazzi di oggi no. Quando è morto, i ventenni di oggi avevano nove anni e di quel Papa ricordano probabilmente poco. Non dico che Giovanni Paolo II non sia un elemento importante però non va dato nulla per scontato».
L’altro aspetto importante che caratterizza la Gmg polacca è la visita al campo di concentramento nazista di Auschwitz. Sono 225 mila i pellegrini già prenotati. Quel luogo, teatro del più grande massacro di ebrei, ha visto anche il martirio di padre Massimiliano Kolbe, che diede volontariamente la sua vita per un altro prigioniero, e santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, filosofa e carmelitana scalza, nata da una famiglia ebrea.
«Sono stato ad Auschwitz quattro volte in meno di un anno e tutte le volte ho assistito alla stessa scena», dice don Michele. «Vedevo ragazzi che scendevano dal pullman ridendo e scherzando come fanno tutti i ragazzi. Li incrociavo dieci minuti dopo nel campo ed erano silenziosissimi. Auschwitz fa aprire gli occhi su questo abisso di male provocato da uomini contro altri uomini. La sfida vera è far capire ai ragazzi che non è il luogo dell’esorcismo, che il male che è esistito lì non ha l’ultima parola».

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