(Foto Reuters: bambini congolesi sfollati da Goma)
«Dalla notte di sabato 22 maggio il panico è generale, la paura prende lo stomaco, si sentono grida di angoscia, la gente non sa più a chi votarsi... Chi aveva mezzi propri, è scappato in tutta fretta; gli altri, senza via di fuga, sembrava potessero solo aspettare la morte». Non c'è solo lo sguardo del poeta, nelle parole di Alexis Karamu Kant (28 anni), studente a Goma, drammaturgo e attore. Per chi già sente la fatica quotidiana del vivere, in questa parte della Repubblica Democratica del Congo dove la natura trasmette bellezza e forza prorompente, la realtà diventa ancora più dolorosa. Il vulcano Nyiragongo è considerato tra i più pericolosi al mondo. Alto quasi 3500 metri, è famoso per il lago di lava presente all'interno del cratere principale che periodicamente trabocca e si svuota ricoprendo le aree alle pendici con fiumi incandescenti che possono raggiungere velocità fino a 60 chilometri orari.
Nella provincia del Nord-Kivu, di cui Goma è capoluogo, c'è un governo militare di emergenza, che deve mettere pace in una situazione intricata di gruppi armati. «Hanno faticato a prendere in mano anche questo problema dell'eruzione. Insieme alle Ong presenti, ciò che è dispiegato come aiuto è davvero insufficiente. Si sperimenta il detto: ognuno per sé e Dio per tutti. Da sabato notte, le persone non hanno smesso di lasciare la città dirigendosi verso tutte le possibili destinazioni. Le zone della provincia lontano dalla città o il Rwanda... altri si dirigono a Bukavu, nel Sud-Kivu, con le imbarcazioni, navigando sul lago Kivu», dice Alexis. «Ci si domanda come possano sopravvivere queste persone in movimento senza cibo, senza acqua potabile...». Molti hanno percorso una strada ripristinata da imprese italiane nel 2011, per arrivare a Sake. L'Unicef ha lanciato un grido d'allarme: «Ogni volta che grandi gruppi di persone vengono sfollati in un breve periodo di tempo, i pericoli per i bambini aumentano», afferma il rappresentante nella Repubblica Democratica del Congo Edouard Beigbeder. «Dobbiamo essere attenti ai rischi immediati per i bambini che si stanno spostando, compresi i problemi legati alla loro protezione, i rischi per la nutrizione e la salute, soprattutto la diffusione del colera».
Patrick Bassham Bashonga, 29 anni, scrittore, ha scelto di non lasciare Goma. «Non so veramente cosa mi trattiene», dice. «Forse la fede. Ero convinto che non potesse accadere nulla di grave. Ma in realtà ho paura di muovermi, perché ripenso ancora all'eruzione del 2002 e a quando ci siamo allontanati per la guerra. Muoversi è sempre molto doloroso».
Dalla mattina di venerdì la situazione sembra più calma, un'apparente normalità, anche se il pericolo non è passato. La città riprende la sua aria turistica, con i panorami mozzafiato e il lungolago dai colori intensi. Patrick sente il bisogno di chiedere aiuto: «Gli operatori umanitari, le persone di buona volontà devono intervenire. Perché dopo quanto ha fatto il vulcano, ci aspetta il peggio. Molti di coloro che si sono trasferiti non sono assistiti e molti bambini sono separati dalle loro famiglie. Occorre una mobilitazione immediata».