Se n’era andata dalle scene nel 2010 con un messaggio pubblico, il giorno in cui aveva sentito di non riuscire più a dare alla musica dal vivo, la «speciale combinazione di capacità, versatilità e passione», per cui chiedeva di essere ricordata.
«Oggi», scriveva Milva, «questa magica e difficile combinazione forse non mi è più accessibile: per questo, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa, qualche affanno metabolico; e, soprattutto, dati gli inevitabili veli che l’età dispiega sia sulle corde vocali sia sulla prontezza di riflessi, l’energia e la capacità di resistenza e di fatica, ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro in direzione della sala d’incisione, da dove posso continuare ad offrire ancora un contributo pregevole e sofisticato».
La giovane Milva si era affacciata sulle scene a partire da Sanremo, dove sarebbe tornata per 15 edizioni, per la prima volta nel 1961, a 22 anni, con un talento innegabile ancora in parte da educare e un’istintività da affinare. Si era presto trasformata in un’artista di enorme respiro, capace di assorbire e restituire quanto imparato negli incontri preziosi della vita, in un dispiegamento straordinario di generi, di lingue e linguaggi musicali diversi.
Resa inconfondibile dalla chioma fulva, che aveva ispirato persino una canzone a Enzo Jannacci, Milva la rossa, un marchio di fabbrica che la rendeva assieme alla voce, versatilissima, unica anche nella distanza teatrale del palcoscenico, Milva, era rimasta per poco “la pantera di Goro” contrapposta alla Tigre di Cremona (Mina) e all’aquila di Ligonchio, Iva Zanicchi amica di una vita, dei titoli abusati e scontati degli anni Sessanta, per esplorare altri mondi, variegati e per nulla scontati, resi possibili da una voce, particolare, intonata, potente e scura, arrochita negli anni, che ha adattato a una straordinaria varietà di esperienze artistiche raffinate e popolari: passando da Brecht, autore approfondito grazie all’incontro con Streheler, al Piccolo Teatro, ai francesi Brel, Edith Piaf, Juliette Gréco, Aznavour, passando per Battiato e approdando al tango argentino. Una produzione sconfinata di centinaia di album incisi con oltre 80 milioni di dischi venduti nel mondo, in tante lingue diverse. Un successo, costruito a partire dallo studio del canto a Bologna, passato per la Germania, sua seconda patria musicale, la Francia, il Brasile, la Grecia, la Russia fino ai concerti in Sud Est asiatico. Una fama mondiale certificata dalle onorificenze che l’hanno vista: Ufficiale dell’ordre des arts e des lettres (Parigi, 1995), Ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica Federale di Germania (Berlino, 2006), Cavaliere dell’ordine al Merito della Repubblica Italiana (Roma, 2007) e Cavaliere della Legion d’Onore della Repubblica Francese (Parigi, 2009).
Se n’è andata a 81 anni e forse non le dispiacerà la coincidenza di essere ricordata sulla soglia di un 25 aprile. Aveva ricordato spesso la guerra vissuta da bambina e prestato tante volte la sua voce all’impegno civile dalle canzoni delle mondine a quelle del lavoro fino ai canti della Libertà, incisi nel 1965, per tramandare la memoria dei canti partigiani e della Liberazione.