Si parla tanto di green pass, di chi controlla, di come. Tocca a me, tocca a te. Si parla di salvare l’estate, ma la grande sfida è salvare insieme quello che verrà dopo: l’autunno, la ripresa, quando tutte le normali attività torneranno al chiuso, quando dovremo mettere la variante delta, molto più contagiosa della precedente, alla prova dell’inverno che deve venire: in case, scuole, mense, luoghi di lavoro, treni, autobus ecc.
Sappiamo già che il green pass è un aiuto ma da solo non può bastare: funziona con una sola dose di vaccino e sappiamo già che contro la delta copre limitatamente. Sarà preteso nelle università per tutti, ma non nelle scuole secondarie dove è d’obbligo per i prof ma per gli studenti no, anche se sappiamo dai dati che al momento la variante delta si diffonde soprattutto con la fascia d’età 10-30 anni. Sappiamo che dovremo averlo per aerei, treni e bus ma solo se a lunga percorrenza, mentre i viaggi dei pendolari resteranno il carnaio che sono senza carta verde.
Le regole imposte definiscono gli obblighi, ma al di là di quelli starà a ciascuno regolarsi in modo da non arrecare danni ad altri. Finché si è di fronte a un obbligo tassativo come il primo lockdown, con qualcuno che dall’alto decide che si fa così e basta, la cittadinanza è come sollevata dalla responsabilità individuale. Tutto facile basta obbedire. Quando progressivamente si riparte le cose si complicano: la responsabilità individuale pesa di più. Chiunque rivendichi la libertà di non vaccinarsi è responsabile dell’insicurezza che crea alle persone che gli stanno intorno: il compagno di classe, il collega di ufficio, il vicino di posto in metro, perché sceglie al posto loro, di fatto imponendo loro una insicurezza che avrebbero diritto di non volere. Altrettanto fa quello che si mette una mascherina sotto il naso o non rispetta le distanze.
Mai come in un momento in cui le regole imposte progressivamente si allentano la sicurezza di ognuno di noi dipende dagli altri, dovendo fidarsene e sperare di potersene fidare. E c’è una possibilità che sia proprio questo tempo di regole dettate a macchia di leopardo da compromessi politici e da difficoltà tecnico-pratiche il momento più pericoloso. Tanto più che arriva in una fase di stanchezza collettiva.
Meno gli obblighi sono stretti, meno le regole sono cogenti più siamo soli ciascuno con la propria responsabilità, a doverci fidare della responsabilità dello sconosciuto che ci passa accanto. Si discute tanto in questi giorni dell’onere di controllare: ma un virus è una cosa che viaggia così velocemente e naturalmente che per controllare i comportamenti dei singoli bisognerebbe mettere un gendarme nell’ombra di ciascuno. Impossibile. È questa l’era della responsabilità dell’individuo verso gli altri. Parafrasando don Lorenzo Milani potremmo dire: ognuno è responsabile di tutti. Anche per questo sarebbe importante che mentre il dibattito si concentra sui diritti inviolabili qualcuno cominciasse a ricordare anche i doveri inderogabili che fanno loro da contraltare nell’articolo 2 della Costituzione.