Il ministro degli Esteri russo Lavrov (a sinistra) e il segretario di Stato Usa Kerry (Reuters).
Meglio la guerra fredda o la guerra calda? E’ curioso che i fatti di Crimea spingano a stigmatizare la “nuova guerra fredda” una serie di protagonisti che, solo pochi anni fa, hanno organizzato e appoggiato una guerra molto calda come quella in Iraq: gli Usa, che mentirono al mondo pur di lanciare l’attacco; Paesi europei come la Gran Bretagna, che della menzogna e della susseguente guerra furono co-protagonisti; le Nazioni Unite, che passarono da “no” (motivato, visto che le ispezioni sulle armi di distruzione di massa avevano detto il vero: le armi non esistevano) a “sì” in qualche giorno.
La propaganda è propaganda, e quella di Vladimir Putin, che sostiene di essere intervenuto in Crimea per difendere l’operato delle legittime autorità locali, non è certo da meno. Ma non bastano le bugie del Cremlino a trasformare in verità le panzane altrui. Di tutta questa faccenda, sempre che non ci siano ulteriori e deleteri sviluppi, restano i fatti. E i fatti sono piuttosto precisi: un Presidente e un Governo legittimamente e democraticamente eletti sono stati rovesciati da manifestazioni di piazza. Presidente infame e corrotto, Governo incapace a tutto. Ma questo basta a rendere vero tutto ciò che si dice?
Anche con Yanukovich e i suoi, l’Ucraina restava uno dei Paesi più democratici dell’ex spazio sovietico. Gli Usa, così preoccupati per i diritti dei popoli, non battono ciglio di fronte al regime della famiglia Aliev in Azerbaigian, che anzi sostengono in ogni modo anche se non è certo migliore della famiglia Yanukovich; e nemmeno di fronte a quello del Kirghizistan, che ospita la loro preziosa base militare.
Non hanno scrupoli di fronte al Governo banditesco del Kosovo, per non parlare del Medio Oriente e dei loro grandi amici dell’Arabia Saudita, per nulla democratici a casa loro e pronti a mandare i carri armati in Bahrein per stroncare sul nascere qualunque accenno di Primavera araba. Per non parlare della Libia: prima hanno appoggiato un dittatore come Gheddafi, poi gli hanno fatto la guerra, ora assistono senza far nulla alla spartizione del Paese e delle sue risorse petrolifere tra milizie e bande di tagliagole.
Quella che si svolge in Ucraina oggi non è la lotta del bene contro il male, come pure pretendono di farci credere. Quel po’ di bene che c’era, e che stava nella legittima aspirazione degli ucraini ad avere un Governo onesto e capace e un Presidente meno ladro, è stato abbondantemente scavalcato da considerazioni ben diverse e da una lotta tra potenze per nulla diversa dal braccio di ferro che abbiamo visto tra Usa e Russia a proposito della Siria. E anche lì: la Russia appoggia il dittatore Assad, che ha reagito sparando ai civili a una moderata, diciamo persino modesta, richiesta di democrazia; gli Usa hanno coperto di armi e denaro milizie di estremisti islamici che ammazzano i civili e mettono auto-bomba nelle strade. Ma, dicono loro, lo fanno per la democrazia.