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sabato 25 gennaio 2025
 
 

Guido Chiesa: io sono con Maria

26/04/2012  Il regista, che ha dedicato alla madre di Gesù il film "Io sono con te", ci introduce alla lettura di "Un mese con Maria" del cardinale Ravasi, proposto con "Famiglia Cristiana".

Chi è Maria? Nonostante i Vangeli le dedichino solo poche righe, la sua figura affascina da secoli studiosi e artisti, credenti e non. Il cardinale Gianfranco Ravasi, con Un mese con Maria, nuovo volume della Biblioteca universale cristiana disponibile con Famiglia Cristiana,  mostra quanto in realtà siano profondi e spesso sorprendenti i legami fra la Madonna e i testi biblici, anche dell’Antico Testamento. Ma la domanda “Chi è Maria?” stimola pure indagini che partono da una prospettiva laica, come è quella adottata due anni fa dal regista Guido Chiesa con il film Io sono con te. Un’opera coraggiosa, che è costata molto al suo autore: «Ha ottenuto ottime recensioni, ma nessuno poi ci ha creduto e anche dal mondo intellettuale, cattolico e non, con l’eccezione di Famiglia Cristiana che l’ha distribuita poi in Dvd, è stata praticamente ignorata. Per fortuna, è stata riscoperta dal basso, nei cinema parrocchiali e in altre strutture educative, tanto che ancora adesso mi chiedono di andare a presentarla».

Le difficoltà per il film sono derivate forse proprio dalla sua proposta di una Maria
molto distante dall’iconografia classica: è un’adolescente ben consapevole della missione che Dio le ha affidato, ma anche una madre tenera e affettuosa, che non esita a scontrarsi con la sua comunità per difendere suo figlio. «Il mio punto di partenza è stato antropologico», spiega il regista. «Ho cercato di mettere in luce il ruolo decisivo che Maria ha avuto nella formazione di Gesù. Se il Gesù dodicenne che scappa al tempio fosse stato punito severamente da sua madre come prescriveva la cultura dell’epoca, avrebbe potuto pronunciare anni dopo parole come “Porgi l’altra guancia?” o “Ama i tuoi nemici”? Io credo di no. Dio non ha scelto Maria a caso, per farne una passiva esecutrice dei suoi piani. Da questo punto di vista, la sua figura ha un profondo valore pedagogico. L’antropologia non è poi così cambiata dopo duemila anni: le donne lottano ancora per affermare i loro diritti e l’idea che un bambino non si educhi a suon di ceffoni è tutt’altro che condivisa».

– Questo film ha cambiato in qualche modo il suo rapporto con la fede?
«In una parola, mi sono convertito. Prima di iniziare a girare, ero ferocemente scettico sull’aspetto spirituale, ma poi ho sentito qualcosa che avveniva dentro di me, senza però annullare il Guido Chiesa che c’era prima, ma arricchendolo enormemente. Lo stesso vale per il mio lavoro di regista: non c’è rottura fra Io sono con te e i miei precedenti film, perché in tutti sono sempre partito dalla stessa domanda: cosa rende l’uomo libero? All’epoca del Partigiano Johnny pensavo che la risposta fosse l’agire individuale nei destini collettivi, il pensare al bene degli altri anche a costo di sacrificare la propria vita. Girando Io sono con te mi sono accorto che questo percorso, per quanto nobile, era sorretto solo dalla ragione e quindi era incompleto, non a caso Johnny è un eroe solitario. Avvertivo una freddezza di fondo, l’assenza del calore di un amore che tende verso l’Assoluto. Oggi posso dire che solo nell’amore c’è la vera libertà, quell’amore incondizionato che Maria ha donato a Gesù».

– Com’è cambiato il suo modo di essere figlio e padre a sua volta di tre figli?

«Da bambino non sempre mi sono sentito amato, ma solo grazie a questo film ho aperto davvero gli occhi sulla mia infanzia. Ho compreso che può esistere un altro modo di relazionarsi ai propri figli rispetto a quello con cui sono cresciuto. Con questo non penso assolutamente di essere diventato un padre perfetto, anzi. Ma ora so che alla base dell’educazione non c’è l’autoritarismo, la richiesta di una cieca ubbidienza, ma l’amore».

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