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domenica 06 ottobre 2024
 
 

Guidolin, 500 volte serie A

19/01/2013  Storia dell'allenatore più sottovalutato del mondo, capace di grandi imprese con piccole squadre.

Andrea Stramaccioni a 36 anni ha preso in mano l’Inter, senza avere mai allenato una squadra professionistica, Francesco Guidolin a 57 anni ha forse perso le speranze di guidare una grande squadra anche se la stramerita. Nel calcio, si sa, le carriere vanno così. Guidolin passa per essere un allenatore rompiscatole, vorrebbe scegliere i giocatori, avere quella "carta bianca" che pochi tecnici ottengono. E lui è un grande, l'allenatore più sottovalutato al mondo. Oggi a Torino festeggia le 500 panchine in serie A, con l’Udinese ha fatto il colpo due anni fa, stavolta Di Natale è incerto per influenza, magari parte dalla panchina, e la Juve è arrabbiata per l’unico punto conquistato in due gare, per il ritorno di Lazio e Napoli a tre lunghezze, chissà... In ogni caso la corazzata bianconera dovrà prevalere sulle alchimie del mister ciclista di Castelfranco Veneto. Da una vita in salita, come piace a lui.


I denigratori lo chiamano “prete falso”, etichetta immeritata, semplicemente è una persona perbene, anzi vera, che all’imbroglio preferisce la sconfitta, pensa al fairplay prima di tutto e rende merito alla superiorità avversaria quando c’è. Non protesta per fare confusione, per portare gli arbitri dalla sua, arte in cui era maestro Mourinho all’Inter, applicata da tanti in serie A (anche presidenti), e dei direttori di gara parla il meno possibile. E’ ansioso, quando perde le gare importanti va in depressione, gli è accaduto con le mancate qualificazioni in Champions League. 

Nella sua prima volta all’Udinese, a fine anni Novanta, perse al Friuli contro il Perugia, all’ultima giornata, e addio quarto posto: si chiuse nel silenzio, il patron Giampaolo Pozzo aveva pronto il rinnovo del contratto, Guidolin rispose male perchè mortificato e in estate lo avvicendò con De Canio. A Bologna nel 2002 era rimasto a lungo fra le prime 4, nell’ultimo turno perse a Brescia 3-0, con reti dell’ex Roberto Baggio e Luca Toni, finì alla coppa Intertoto, uscendo in semifinale. A Palermo nel 2006-07 fu in testa per un terzo di stagione, dando spettacolo, si fece male il centravanti oriundo Amauri, uscì dal poker di testa, venne esonerato e tornò in tempo solo per la qualificazione Uefa. A Parma officiò il miglior campionato dell’èra Ghirardi prima di Roberto Donadoni, ottavo, ma non si allineava al pensiero dell’ad Pietro Leonardi e non gli allungarono il contratto, inducendolo a tornare a Nord-Est.

A Udine è uscito un anno e mezzo fa con l’Arsenal, più forte in senso assoluto ma non in quel confronto, colpa anche del rigore sbagliato da Di Natale sull’1-1, e neanche in agosto ce l’ha fatta, eliminato dal dischetto dallo Sporting Braga. Ora arrivare di nuovo al terzo posto è praticamente impossibile, ma c’è sempre la possibilità di dare lezioni di calcio. “Non serve il possesso palla fine a se stesso", dice Guidolin, "a me piaccono le squadre inglesi, abili nelle ripartenze rapide e ficcanti”.

Ecco, lì sta la differenza: per “Guido”, come per Mazzarri, attaccare a prescindere come fa Zeman, o controllare il gioco come pretendono Conte e Ancelotti, non è indispensabile. Basta allargarlo sulle fasce quando si recupera palla, mettere il talento al servizio della squadra, essere umili e determinati, con applicazione feroce nel contenimento. “E la sfortuna non esiste, gli episodi decidono le partite ma vanno portati dalla propria parte, la casualità non va considerata. Evitiamo qualsiasi alibi”.

Guidolin è troppo intelligente per piacere al grande pubblico, non sorride mai con i giornalisti, qualche volta, compiaciuto per un risultato, abbozza appena, quasi a dire: “Vedete, anche stavolta sono stato il migliore”. E’ proprio quello che dà fastidio, la concentrazione assoluta gli conferisce quell’aria di superiorità che lo rende pure allergico alle critiche. Considerando il calcio un divertimento totale, i tifosi vorrebbero ridere di gusto per le battute, non solo per vittorie. Accadeva a Bologna: tutti pazzi per gli show al microfono di Carlo Mazzone, che nel 1999 portò i rossoblù in semifinale di coppa Uefa e di coppa Italia ma nel 2006 retrocedette, mentre Guidolin condottiero emiliano di quel quarto posto sfiorato 11 anni fa (miglior campionato dal 1971 a oggi), è fischiato e offeso ogni volta che ritorna al Dall’Ara.


Esordì nel 1988, al Giorgione, con il suocero Raul Pietribiasi alla presidenza: a Castelfranco Veneto lo tenne a battesimo anche da calciatore, a inizio anni Settanta. Casa sua è a 200 metri dal campo sportivo, ci tiene un pezzo di pavè, la pietra della Parigi-Roubaix, più che cimeli calcistici. Lì si ritira qualche lunedì, assieme alla moglie Michela e ai figli Riccardo (allenatore nel settore giovanile del Watford, in Inghilterra) e Giacomo, procuratore in erba, sempre a Londra.

Beh, provate a mettere Giovanni Trapattoni nelle squadre affidate a Guidolin, l’unica volta che il decano dei tecnici italiani è finito in provincia, a Cagliari, nel ’95-’96, fu indotto alle dimissioni dal presidente Massimo Cellino, per evitargli l’onta dell’esonero. Il fenomeno Villas Boas è durato un anno, al Porto, a 33 anni aveva centrato lo slam portoghese ma in Premier League è stato esonerato dal Chelsea e al Tottenham non entusiasma. Nell’estate del 2011, con l’addio di Leonardo al Psg, l’Inter chiese alla Fiorentina Sinisa Mihajlovic, che da tecnico ha convinto solo al Catania, e non Guidolin. Al Milan meritava di andare lui, nel 2010, mica Allegri, una sola promozione (in B, con il Sassuolo) e appena due campionati di A (a Cagliari, con esonero). Un anno e mezzo fa la Roma prese il debuttante Luis Enrique, fallimentare su ogni fronte, non questo veneto che - dicono i colleghi - si piange addosso.

In questo quarto di secolo di panchine, Lippi, Capello, Sacchi e Trapattoni hanno vinto tanto più di Guidolin, lui però si è aggiudicato l’unica coppa Italia del Vicenza, portando anche Bologna, Palermo e Udinese a livelli storici o irripetibili. Quell’ansia lo divora, esasperandolo nelle partite da dentro o fuori, così si spiega l’Europa vissuta più volte facendo poca strada, perchè il dentro o fuori non è da Guidolin, che invece sul lungo periodo non ha avversari. Facile vincere quando si allenano i migliori e superpagati, ovunque, più complicato portare vicino al top giocatori di medio o secondo livello, sudandosi tutto. Un decennio fa era nell’orbita della Gea di Luciano e Alessandro Moggi, se ne sganciò in anticipo, rispetto a calciopoli. Piaceva all’Inter, alla Juve del dopo Lippi (“Mi preferirono Capello”), alla Fiorentina (“Dopo la salvezza con Zoff, al ritorno in serie A, la famiglia Della Valle puntò su Cesare Prandelli”), ma in Friuli sta da re. Potrebbe chiudere la carriera in Germania, fra stadi pieni e nessuna polemica: per i tedeschi l’educazione è un punto di forza, nessuno si sognerebbe mai di dargli del prete, tantomeno falso.

 
 
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