Dentro o fuori dall’euro? La soluzione al problema Grecia, spiega Luigi Guiso, ordinario di Economia all’Einaudi Institute for Economics and Finance di Roma e firma del sito di economia e finanza La Voce.it, è estremamente complessa . “Per questo”, dice, “ chiedersi se valga la pena uscire dall’eurozona è una domanda molto difficile. Altrimenti non saremmo qui a discuterne dopo cinque anni. Nel frattempo il Paese ha perso un quarto di produzione ed è in preda a una crisi terribile. Non c’è una riposta tranchant ma ci sono pro e contro. Che vanno soppesati e ognuno di questo comporta delle incertezze. Perché la soluzione al problema greco ha ripercussioni anche sulle altre economie, in particolare sugli altri Stati l’eurozona, ma anche ripercussioni più ampie. E’ la ragione della preoccupazione degli Usa”.
Cominciamo a vedere i pro, professore. Quali vantaggi se la Grecia esce da Eurolandia per i greci e per noi?
“Il primo vantaggio è che Atena torna a stampare moneta (oggi non può farlo perché è prerogativa della Bce) e risolve in modo diretto la difficoltà di accedere al credito, finanziando facilmente il proprio enorme debito e ottenendo quella liquidità di cui non ha il controllo”.
Il ritorno alla dracma…
“Sì, con la conseguenza di una svalutazione stellare, in particolare nei confronti dell’euro. Il primo beneficio è che potrebbe trainare l’export, non tanto dal punto di vista manifatturiero (in Grecia il settore non è molto forte) quanto su quello turistico. La Grecia offrirebbe una grossa attrattiva di shopping in tutti i settori, dalle industrie al mercato immobiliare. Una casa su un’isoletta greca costerebbe il 40-50 per cento in meno. Tutto questo potrebbe far ripartire il ciclo economico”
Fin qui sembra la soluzione di tutti i problemi…
“No, perché rimarrebbero inchiodati tutti i problemi strutturali della Grecia. Se ci sono debiti pregressi in euro i debitori possessori di dracme subiscono un forte aggravio della posizione debitoria, perché la dracma si svaluta del 40-50 per cento. Per lo stesso motivo a rimetterci sono gli importatori di materie prime, che hanno bisogno di più dracme per poter pagare la merce in euro. Ma le ripercussioni più serie e immediate all’uscita dall’euro sono altre…”
E quali?
“Il kaos, per usare una parola greca. Difficilmente le banconote si stampano soldi in una nottata. L’uscita dalla moneta unica richiede del tempo e comporterebbe inevitabilmente un blocco del sistema bancario greco. Il giorno in cui si capisce che stanno per uscire dall’eurozona i greci si metterebbero in coda per ritirare i loro depositi in euro. Assisteremmo a code infinite per portar via quanti più euro possibile. Il governo di Atene a quel punto chiude le banche. Ma il governo ha bisogno di un sistema bancario funzionante”.
Ci sono precedenti nella storia?
“La prima che viene in mente è Argentina. Il Governo di Buenos Aires istituì il coralito, un tetto massimo ai quattrini che si potevano ritirare in banca. Se andiamo più giù nel tempo troviamo il famoso bank holiday del ’29. Con code sterminate di depositanti che fanno la fila agli sportelli in tutti gli Stati dell’Unione”.
In Grecia si ripeterebbero le stesse scene?
“Ogni volta che c’è una crisi di panico la soluzione è quella di chiudere il mercato e il sistema bancario. Qualcosa del genere si verificherebbe in Grecia. In realtà la Grecia è un caso interessante”.
Perché interessante?
“Perché queste cose le avremmo dovute già vedere da un pezzo. E invece non abbiamo assistito ad alcuna fila. Questa cosa è un po’ misteriosa. Ancora non hanno ritirato uno solo dei 130-150 miliardi rimasti nei depositi delle banche greche. Forse la verità è che i greci non hanno alcuna intenzione di uscire dalla moneta unica. O forse perché l’alternativa è tenerli sotto il materasso e hanno paura che glieli rubino. E in fondo, come direbbe Zorba il greco, una svalutazione del 40 per cento è sempre meglio di un furto sicuro, equivalente al 100 per cento”.