Mentre leggete queste righe, Rosetta si sta avvicinando alla meta del suo lungo viaggio iniziato nove anni fa: la cometa Churyumov-Gerasimenko. Per la prima volta una sonda scenderà su uno di questi corpi celesti, che risalgono alla nascita del Sistema Solare e potrebbero aver avuto un ruolo importante nell’origine della vita sulla Terra.
Si tratta di un enorme passo per la scienza e per l’Agenzia Spaziale Europea. Come 28 anni fa, quando nella notte fra il 13 e il 14 marzo 1986 un’altra navicella europea, chiamata Giotto, passò ad appena 600 chilometri dalla più celebre fra le comete: quella di Halley.
Questa grossa palla di neve spaziale, proveniente dalla Nube di Oort, si
avvicina al Sole ogni 76 anni, diventando visibile con la sua chioma.
Proprio la periodicità delle osservazioni di una cometa eccezionalmente
luminosa fatte nel tempo permise all’astronomo inglese Edmond Halley di
capire che si trattava dello stesso oggetto e di prevederne la
successiva apparizione nel 1758. Cosa che puntualmente si realizzò,
anche se lo scienziato non riuscì mai a saperlo poiché nel frattempo era
morto.
L'Adorazione dei Magi dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova: in alto si nota la cometa di Halley.
La cometa di Halley è anche quella che compare nell’Adorazione dei magi
dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Il pittore l’osservò
al suo passaggio nel 1301 o nel 1302 e la raffigurò con notevole
realismo. Da qui la scelta di battezzare in suo onore la missione che
avrebbe permesso di osservare da vicino la cometa, attraversandone la
coda formata dai gas e dal pulviscolo sotto l’azione del Sole. Una
missione kamikaze: alla velocità di 68 chilometri al secondo, infatti,
la polvere ha danneggiato irrimediabilmente la telecamera e i sensori
della navicella.
Ma quello che gli scienziati hanno potuto vedere in
quella notte del 1986 ha cambiato le nostre conoscenze. Fra le altre
cose, si è scoperto che il nucleo (quello di Halley ha la forma di una
patata di circa 10x15 chilometri) non è bianco, come ci si potrebbe
aspettare, ma nero. Più nero del carbone. Quanto ai getti di vapore e di
polvere che si formano con il calore avvicinandosi al Sole, essi non
provengono da tutta la superficie, come si pensava, ma da aree ben
distinte.
A quasi trent’anni da quella missione, l’Agenzia Spaziale Europea sta
per scrivere un nuovo capitolo nell’esplorazione del Sistema Solare. E
noi siamo ansiosi di leggerlo.