Ancora una volta Hans Küng fa discutere. Questa volta è la sua posizione su un tema centrale e delicato come l'eutanasia, espresso nel saggio Morire felici? (Rizzoli) uscito in questi giorni, a portare turbamento soprattutto nel dibattito all'interno del mondo cattolico. Perché Küng rivendica, come ha sempre fatto, il suo essere cristiano e cattolico. Non c'è alcun arretramento della sua fede. Nessuna conversione all'incontrario.
Non solo: il teologo dichiara anche che continua «a professare la prima delle quattro "norme immutabili" dell'etica mondiale, quella sul "dovere di una cultura del rispetto per ogni vita"». Küng cioè ribadisce il dogma della sacralità della persona e della vita, un caposaldo della cultura cattolica. Eppure, o, per meglio dire, proprio alla luce di questa fede nella vita, egli sostiene il diritto di ogni persona «scegliere con la mia responsabilità quando e come morire. Se mi venisse concesso, vorrei spegnermi in modo consapevole e dire addio ai miei cari con dignità». Questo è il senso originario della parola greca euthanasia - morte bella, giusta - storpiato dal nazismo, ricorda. Infine, un tale atteggiamento sulla fine della vita «si fonda in ultima analisi sulla speranza di una vita eterna».
Il teologo ricorda come sia giunto a questa convinzione in seguito a una riflessione cominciata decenni fa e anche ad alcuni eventi biografici: la morte del fratello Georg a causa di un tumore al cervello e quella, più recente, dell'amico e collega Walter Jens, dopo che era stato ridotto a una condizione vegetativa: «Queste esperienze hanno rafforzato la mia convinzione: non voglio morire così!».
Così concepita - è convinto Hans Küng - l'eutanasia «non ha nulla a che vedere con un "auto-assassinio" arbitrario ed empio, pianificato per provocare l'autorità ecclesiastica» (il riferimento è ad alcune accuse che gli sono state rivolte).
Anche la visione dell'inizio e della fine della vita umana si trovano al centro di un mutamento epocale, ricorda il teologo. La sua apertura a una possibile "morte consapevole" è in grado di interpretare in maniera più profonda e giusta il valore della sacralità della persona?