Ha vinto Hillary Clinton, ma non è arrivato il colpo del KO. Nel primo dei tre dibattiti fra i due principali candidati alla Casa Bianca l’ex first lady va meglio di Donald Trump, appare più sicura e convincente, meno nervosa, tuttavia nei 90 minuti di confronto è mancato il momento che può risultare decisivo per determinare l’esito di una votazione. Quindi la partita resta ancora aperta, soprattutto perché il numero degli indecisi è molto alto (15-20 per cento) ed è ancora presto per capire se e quanti voti può aver spostato il faccia a faccia della scorsa notte alla Hofstra University di Hampstead, nello stato di New York. I primi sondaggi già diffusi nella notte confermano che Hillary Clinton ha fatto una impressione migliore sugli elettori.
Nel dibattito, moderato dal giornalista della Nbc Lester Holt, Trump è apparso impaziente e nervoso. Come ogni populista, più a suo agio nell’arringare le folle senza contraddittorio, Trump è apparso a disagio nel confronto con le domande del moderatore, gli interventi della rivale e il limite di tempo (2 minuti a testa). Trump ha insistito nel presentare Clinton come una rappresentante dell’establishment, da troppi anni sulla scena, quindi incapace di rappresentare il nuovo e il cambiamento di cui ha bisogno l’America. Clinton ha invece voluto riaffermare la sua credibilità ed esperienza, come garanzie per un grande paese che deve confrontarsi con i problemi del mondo.
Hillary si è presentata con un tailleur rosso sgargiante, Trump indossava un abito scuro e una cravatta blu. I temi principali toccati nel confronto sono stati l’economia, le tensioni razziali, la sicurezza nazionale. Il dibattito è stato molto teso, ma sostanzialmente corretto. Hillary, più sorridente e rilassata, si è rivolta all’avversario chiamandolo “Donald”. Trump, invece, si è rivolto ala rivale chiamandola “Secretary Clinton” (l’ultimo incarico pubblico di Hillary è stato quello di Segretario di Stato, cioè ministro degli esteri).
Sui temi economici Trump è parso molto incisivo, accusando Clinton di far parte da trent’anni di una classe politica che ha fatto sprofondare gli Stati Uniti nella crisi senza offrire soluzioni credibili. A un certo punto Hillary Clinton ha esclamato: “Ho la sensazione che alla fine di questa sera sarò incolpata di ogni cosa”. Poi, un’altra frecciata al rivale: “Donald, so che vivi nella tua realtà, ma i fatti sono un’altra cosa”.
Non sono mancati gli attacchi personali. Clinton ha accusato Trump di non aver diffuso le sue dichiarazioni dei redditi, insinuando che forse egli “non è così ricco e generoso come dice di essere”. Incalzata sulla discussa vicenda dell’uso di un account personale (quindi insicuro) per gestire la sua posta elettronica quando era Segretario di Stato, Clinton ha ammesso: “Ho fatto un errore e me ne prendo la responsabilità”.
Sulle tensioni interne innescate dal conflitto razziale, Trump ha invocato “legge e ordine”, ma senza andare nei dettagli. Clinton, invece, ha indicato alcune riforme, compresa una limitazione sulla vendita di armi.
Divergenze anche sulla politica estera e la sicurezza. Clinton ha vantato la sua esperienza, Trump le ha rinfacciato. “Sì. hai esperienza, ma è una cattiva esperienza”, accusandola, in pratica, insieme ad Obama, di aver favorito l’attuale caos del Medio Oriente e la nascita di ISIS. Da parte sua, Trump è apparso molto vago e a tratti anche confuso.
Un momento vincente per Clinton è stato quando ha rinfacciato a Trump i suoi insulti nei confronti delle donne (con espressioni come “cagne” e “maiali”). L’attacco di Clinton è arrivato nel momento in cui Trump l’ha accusata di non avere “stamina” (cioè tempra, resistenza) per il ruolo di presidente degli Stati Uniti. Clinton ha replicato: “Beh quando avrà viaggiato anche lui in 112 paesi, negoziato un trattato di pace, un cessate il fuoco, la liberazione di dissidenti politici, l’apertura di nuove opportunità per le nostre imprese, o anche passato 11 ore a testimoniare davanti a una commissione del Congresso, potrà parlare di resistenza anche lui”.
Il prossimo faccia a faccia si svolgerà domenica 9 ottobre alla Washington University di St. Louis.