L'ultimo sacerdote dell'Himalaya, Samdup Taso,
si è spento all'età di 83 anni senza lasciare successori. Sacro
guardiano della terza vetta più alta del mondo, il Khangchendzonga Bongthings era considerato il capo spirituale dei Lepchas, una popolazione che vive in
Sikkim, nell'Himalaya indiana, da oltre 2000 anni.
I Lepchas, che oggi sono
rimasti poco più di 50.000, venerano da 700 anni la montagna ai piedi della
quale si stabilirono nel 13° secolo. Nel mese di Kursong (Febbraio-Marzo) il
sacerdote, dopo una intera notte di preghiere presso la sua residenza privata,
guidava una affollata processione fino al Lha-thu, un altare all'aria aperta nel
villaggio di Nung, dove con canti e danze veniva ripercorsa la storia dei
Lepchas e venivano spiegati i suoi rituali.
La tradizione prevedeva anche il
sacrificio di uno “yak”, il bufalo selvatico dell'Himalaya, ma questo rituale fu
messo fuorilegge nel 1973 dalla monarchia regnante, rappresentata dalla dinastia
dei Chogyals. Quando due anni dopo i Chogyals furono deposti e la regione venne
assimilata dalla confederazione indiana, in Sikkim furono in pochi a dubitare
che l'avversa sfortuna del regno fosse dovuta proprio all'abolizione del
sacrificio.
I Lepchas credono che la montagna sia stata
creata da Dio e che loro compito sia venerarla e proteggerla. In caso contrario,
la vetta incollerita manderebbe un mitico serpente, Payelbu, ad arrotolarsi ai
piedi della montagna, bloccando le acque del fiume Talung che scorre nella
regione, e provocando una serie infinita di calamità. La leggenda vuole che il
ruolo di sacro guardiano del monte sia stato passato di generazione in
generazione dai mitici antenati della comunità, che per primi si assunsero il
compito di onorare la montagna. Ma con la morte dell'ultimo sacerdote questo
antico lignaggio è giunto al termine.
Oscuri restano i motivi che hanno spinto
Samdup Taso a non nominare un successore. L'ultima testimonianza che rimane di
questa affascinante comunità è lo studio di un teologo danese, Halfdan Siiger,
che viaggiò nell'area nel 1947. La sua preziosa traduzione dei canti sacri dei
Lepchas fu pubblicata dal Museo Nazionale della Danimarca nel 1956.
Recentemente, Pema Wangchuk e Mita Zulca, due autori
originari del Sikkim, hanno pubblicato un nuovo saggio dedicato ai misteri del
Khangchendzonga, dal titolo La vetta
sacra.