Cara prof, insegno alla scuola media, durante gli ultimi due scrutini della mia carriera insieme ai colleghi ho dovuto prendere una decisione difficile e dolorosa: una studentessa di prima e uno studente di seconda dovranno ripetere l’anno. La sera mi sono rigirata a lungo nel letto prima di prendere sonno, pensando se avessimo fatto la cosa giusta. Nel primo caso le lacune dell’alunna erano davvero tante, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio per lei consolidarsi prima di proseguire zoppicando negli studi. Il secondo caso è stato più complesso e complicato. La cosa che li accomuna è l’essere stranieri ed avere famiglie che non sono in grado, per ragioni diverse, di occuparsi di loro. Ed è forse il fatto di non aver fatto la differenza come scuola a rendere più triste il mio andare in pensione.
LUCIA
Cara Lucia, dalla tua lettera traspare tutto l’amore e la dedizione che hai messo nel tuo lavoro. È proprio il rammarico per non aver fatto la differenza che, ancora una volta, fa capire come l’insegnamento non sia solo un lavoro ma molto di più. Spesso le notti, prima e dopo gli scrutini, sono notti insonni: se i nostri registri sono colorati di verde non ci sono problemi, ma quando iniziano ad apparire le caselline rosse, che ci avvertono delle insufficienze, allora i dubbi ci assalgono e il sonno si fa inquieto. Quando ci troviamo in questa situazione è inevitabile porsi delle domande: avremo fatto tutto il possibile? La nostra decisione potrà cambiare in meglio il percorso scolastico di quel ragazzo o di quella ragazza? Uso volutamente il plurale, quel “noi” sottinteso come scuola, perché è il “noi” che fa la differenza. Allora bisognerà chiedersi se abbiamo dato utti gli strumenti necessari per stare al passo e recuperare, se la ripetenza non sia una semplice ripetenza ma un’occasione vera per compensare lacune e svantaggi.
Svantaggi sociali ed economici, che spesso si frappongono alla piena fruizione del diritto allo studio, che diventano veri “bisogni educativi speciali” come li chiama la legge. Cosa c’è allora di più speciale di un ragazzo con una famiglia assente, svantaggiato nella lingua, che magari abita in quartieri che non offrono spazi per chi sta troppe ore da solo. Ecco, se la scuola non mette in campo risorse reali e strategie pensate, la bocciatura sarà stata del tutto inutile.
Le risorse reali sono insegnanti di sostegno e potenziamento che collaborino con i docenti delle discipline, l’attivazione di spazi per lo studio all’interno dell’istituto scolastico, la presenza di un pedagogista che sappia identificare i bisogni di quello studente e proponga piani di studio personalizzati e individualizzati. Per questo dovremmo chiedere con forza che il Pnrr, oltre a potenziare la velocità delle connessioni internet degli edifici scolastici, vada a finanziare l’assunzione di personale qualificato che possa affiancarsi agli insegnanti nel processo educativo dei ragazzi più in difficoltà affinché nessuno resti indietro