La strage di Parigi, rivendicata dall'Isis, è senza precedenti in Europa, e può ben essere considerata l'11 settembre francese. Ma non si può certo dire, a differenza della carneficina di Charlie Hebdo o dell'assalto alle Torri Gemelle, che fosse inaspettata. I bombardamenti francesi in Siria avrebbero dovuto tenere gli apparati di sicurezza nella massima allerta. La capitale francese è stata colpita al cuore, in strutture considerate dagli apparati di tutto il mondo obiettivi sensibili: il decimo arrondissement, in pieno centro, una sala da ballo dove era atteso un concerto molto atteso che aveva registrato il tutto esaurito, addirittura uno stadio dove si giocava Francia-Germania e dove era presente lo stesso presidente Hollande.
E invece nessuno è stato capace di prevenire una serie di attacchi concentrici e coordinati, con una regia ben precisa e un piano ben preordinato, dove i terroristi, quasi certamente jihadisti, hanno provocato una strage senza precedenti con lucida ferocia, dispiegando indisturbati tutta la loro "geometrica potenza". I servizi di sicurezza francese, soggetti in primavera a una riforma che li ha dotati di poteri più ampi, proprio all'indomani della strage del Charlie Hebdo, si sono dimostrati del tutto inadeguati, nè le forze dell'ordine hanno dimostrato una prontezza d'intervento all'altezza della situazione. A Parigi in quelle ore frenetiche in cui centinaia di ostaggi erano tenuti prigionieri dai kamikaze islamici e già filtravano notizie agghiaccianti su esecuzioni di massa, lo sconcerto e lo smarrimento dominava su tutto. Ancora una volta la Francia si è scoperta del tutto fragile e insicura. Chiudere le frontiere e proclamare lo stato d'emergenza, come annunciato dal presidente Hollande in un messaggio televisivo ai francesi, è parso un intervento tardivo.
Certamente le difficoltà di prevenire un fenomeno così complesso come quello terroristico di matrice islamica in Francia, vista la grande presenza di "cellule dormienti" nel Paese sono numerose, ma il 13 novembre verrà ricordata come la Waterloo degli apparati di sicurezza francesi. C'era stato solo un generico allarme poche settimane fa circa la possibilità dei jihadisti di colpire in Europa, finalizzato alla necessità di scambiare i dati in possesso dei diversi servizi segreti europei. Niente di più. La strage di Parigi può ben essere considerata l'ennesima sconfitta del presidente francese Francoise Hollande, del premier Valls e del ministro degli Interni Cazeneuve, cui fanno capo i servizi di sicurezza del Paese. Ora è il momento del dolore, del cordoglio e dell'unità del Paese contro il nemico del terrorismo. Ma certo le polemiche sull'inadeguatezza degli apparati di sicurezza rimangono.