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giovedì 14 novembre 2024
 
 

I 100 piccoli amici di suor Renata

11/01/2016  La religiosa da 22 anni lavora al Presidio Riabilitativo “Villa Maria” di Vigardolo, in provincia di Vicenza. Un centro dedicato alla disabilità mentale grave e gravissima dei bambini, divenuto un punto di riferimento indispensabile per la riabilitazione.

C'è il bambino che mangia solo patatine confezionate, quello che sfascia tutto, quello che non sa stare seduto, quello che si butta per terra tirando calci e pugni contro un nemico invisibile, e quello che sale in cattedra e prende il posto della maestra.

Bambini che sono “bombe” pronte ad esplodere, genitori in difficoltà. «Il mondo è malato, perché sono malati i bambini». Lo dice con rammarico suor Renata Giandesin, coordinatrice generale del Presidio Riabilitativo “Villa Maria” di Vigardolo (Vicenza), un centro per disabilità grave e gravissima, realizzato e gestito dalla congregazione delle suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori.

«Quando il centro è nato, nel 1972», racconta, «c'erano tanti bambini epilettici, altre patologie organiche, ma oggi, con il “grande danno dell'aborto”, queste anomalie si riescono già a cogliere in gravidanza, e di conseguenza i feti vengono eliminati. Ma le psicosi – l’autismo, il ritardo mentale – non le vedi in gravidanza, perciò i bambini nascono. Ed essendo oggi sottoposti fin da piccolissimi a mille stimolazioni, manifestano i primi sintomi già a 18 mesi. I bambini con vulnerabilità psichica, sottoposti a iper stimolazione, si scompensano. La nota positiva è che si può intervenire prima che si strutturi “un Io disturbato”, e questo favorisce il recupero»

Alcuni bambini seguiti dal centro con le operatrici. In copertina: suor Renata Giandesin con due dei piccoli ospiti.
Alcuni bambini seguiti dal centro con le operatrici. In copertina: suor Renata Giandesin con due dei piccoli ospiti.

-  Qual è il momento più delicato nella sua attività?

«Quando si deve parlare ai genitori; dobbiamo sempre ricordarci che la loro sofferenza è grande. Prima di arrivare qui magari hanno portato il figlio dappertutto, hanno provato qualsiasi strada, a volte sono esausti. Il bambino “che sta nella mente” del genitore non corrisponde al bambino “che sta di fronte” al genitore. Per una mamma e un papà è difficilissima l'accettazione di una diagnosi di psicosi. È come se i desideri, i sogni, le speranze... crollassero. Invece, dobbiamo imparare ad allinearci sul bambino, non allineare lui a noi, alle nostre aspettative. E poi la psicosi è vista ancora come un “babau” delle malattie. Qui va cambiata la cultura sociale. La psiche, così come il fisico, può ammalarsi; è un'evidenza che si tende a ignorare o a escludere. Nella “società dello scarto”, se non produci, purtroppo, non vali. Un altro momento particolarmente difficile per i genitori dei bambini che risiedono continuativamente nel centro, è la separazione, vissuta a volte come uno strappo, e questo nonostante che i bambini rientrino in famiglia ogni fine settimana. Perciò bisogna aiutare anche i genitori. Più loro riescono ad accettare la situazione, più trasmettono sicurezza al figlio». 
 
Il Centro riabilitativo è una struttura sanitaria accreditata dalla Regione Veneto e perciò tutti i servizi erogati sono gratuiti; vi provvede il Servizio Sanitario Regionale. Si accede a seguito di una prima visita, richiesta dal pediatra. 


La mensa dell'istituto vicentino.
La mensa dell'istituto vicentino.

Il centro accoglie per la riabilitazione 12 minori in residenzialità dal lunedì al venerdì; altri 15 frequentano il centro diurno; gli altri sono tutti ambulatoriali, per un totale di 214. Nel 50% dei casi si tratta di bambini extracomunitari, e quasi tutti maschi; il rapporto maschio/femmina per quanto riguarda la disabilità psichica è 4 a 1.

Mediamente ogni anno si attuano 150 prime visite diagnostiche e 80 visite di controllo. Ogni giorno sono presenti per la riabilitazione mediamente 100 bambini. Vengono dimessi circa 50 bambini l’anno e altrettanti iniziano il cammino riabilitativo. Tra il 2005 e il 2015 circa 800 bambini hanno attuato percorsi riabilitativi nel centro.

A Villa Maria operano 10 suore, tra cui la responsabile del Presidio, sr. Nadilla Baldinazzo, una coordinatrice generale, 3 educatrici madri e un’infermiera; la comunità religiosa con le rimanenti suore permette che le sorelle svolgano il servizio ai minori.

L’organico professionale comprende: 52 dipendenti: 2 neuropsichiatri, uno psicologo, un'assistente sociale, il direttore sanitario (il religioso marianista Stefano Cirelli, responsabile anche del sistema qualità), 7 educatori, 5 logopedisti, 13 terapisti della neuro-psicomotricità dell'età evolutiva , un coordinatore di tutti i professionisti, 5 Oss, 7 personale di supporto, un collaboratore amministrativo e una segretaria. 

La struttura è complessa, perché coniuga due Istituzioni che in età evolutiva si completano: l’Istituzione Sanitaria e quella Scolastica. C'è, infatti, una scuola interna, legata al vicino Istituto comprensivo “Don Bosco”, che persegue un proprio percorso, avendo cura di integrarlo con il progetto riabilitativo. 


Una ospite del centro gioca con uno degli operatori.
Una ospite del centro gioca con uno degli operatori.

-  Quali obiettivi si pone il centro?

«Innanzitutto, portare il bambino all'autonomia. Se il bambino non sa chiedere, non arriva a essere autonomo. A volte significa semplicemente riuscire a mostrare con un gesto quello di cui ha bisogno. Non è un percorso facile, perché il tempo di apprendimento di un bimbo ritardato mentale è molto più lungo rispetto a quello di un normodotato. Il secondo passo è l'autonomia sociale. Il piccolo deve saper stare con gli altri. Ricordo una mamma che mi disse: “Ho raggiunto un traguardo per me impensabile. Vado con mia figlia a mangiare la pizza e lei sa stare seduta. Non mi sento più condizionata”. Per questo, portiamo i bambini al supermercato, al bar, e d'estate, al mare. Devono imparare a stare in un contesto sociale».

-  Suor Renata, lei lavora qui da 22 anni, che cosa prova?

«Continuo a svolgere questo servizio con tanta passione. Io qua dentro sono “papà”, anche perché c'è solo un educatore maschio, con tutte donne. Ma sono anche “nonna”. Il primo feeling i bambini ce l'hanno con me, perché li accolgo già alla prima visita. Poi me li ricordo nel tempo, e questo crea empatia. Il rapporto con loro è bello, molto caldo; ti compensano affettivamente. Non hanno delle cose, ma ne hanno tante altre, capiscono a livello epidermico se tu vuoi loro bene. Ama un bambino e sarai gratificato al cento per cento, indipendentemente dalla fatica».


 
 
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