La Comunità di
Sant'Egidio festeggia i suoi 45 anni. Momento culminante dei
festeggiamenti sarà una liturgia di ringraziamento prevista per le
18,30 del 7 febbraio nella basilica di San Giovanni in Laterano. Il
rito sarà celebrato da monsignor Vincenzo Paglia, a lungo parroco
della chiesa di Santa Maria in Trastevere, ex vescovo di Terni, oggi
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
La Comunità, nata nel
1968 a Roma per iniziativa di alcuni studenti delle scuole superiori
della città, è ormai una realtà nota in tutto in mondo. Fortemente
radicata a Roma, con la sua sede nel cuore di Trastevere (a piazza
Sant'Egidio), negli anni la Comunità ha esteso la sua presenza in
Italia e nel mondo. Oggi agisce su una dimensione locale e al tempo
stesso globale, sempre mantenendo come stella polare il Vangelo.
L' impegno della Comunità
è a favore dei poveri, degli anziani, degli immigrati, dei senza
fissi dimora, dei rom e dei sinti, dei disabili, dei malati senza
cure, dei bambini di strada. Intenso è anche l'impegno per
l'evangelizzazione, il dialogo ecumenico e interreligioso, il
rispetto dei diritti umani, la soluzione pacifica dei conflitti e
delle guerre civili (con risultati straordinari, come l'accordo di
pace in Mozambico nel 1992, tanto che ormai molti chiamano
Sant'Egidio “l'Onu di Trastevere”).
E' costante l'azione
contro la xenofobia, il razzismo, la pena di morte, l'intolleranza.
In campo sanitario va ricordato il programma DREAM per la cura
dell'Aids in dieci Paesi africani, grazie al quale sono state
assistite oltre 200 mila persone.
Oggi Sant'Egidio
(www.santegidio.org) è
presente in 72 Paesi del mondo con 60 mila persone, metà delle quali
sono impegnate nel Sud del pianeta. Il seme gettato 45 anni fa da
alcuni studenti romani ha portato frutti copiosi.
7 febbraio 1968: nasce la Comunità di Sant'Egidio, avviata da un gruppo di studenti del Liceo Virgilio, all'indomani del Concilio Vaticano II
1973: il cardinale vicario di Roma Ugo Poletti affida alla Comunità la Chiesa di Sant'Egidio a Trastevere.
Nasce a Napoli la prima Comunità di Sant'Egidio fuori Roma
1974: prima grande uscita pubblica della Comunità in occasione del Convegno sui "mali di Roma" promosso dalla diocesi
3 dicembre 1978: Giovanni Paolo II, papa da poche settimane, incontra per la prima volta la Comunità durante una visita a una parrocchia del quartiere Garbatella. I volontari intonano un canto polacco nel cortile di un asilo e il Papa, incuriosito, si ferma e li incontra. Dice loro: "Siete a Roma? Allora venite a trovarmi".
1980: prima visita di Giovanni Paolo II alla Comunità
1982: nasce in Germania la prima Comunità di Sant'Egidio fuori dell'Italia
A Natale si allestisce nella basilica di Santa Maria in Trastevere il primo pranzo per i poveri
1986: si svolge ad Assisi la Giornata di Preghiera per la Pace e la Comunità viene coinvolta nella fase organizzativa
1988: apre la mensa per i poveri di via Dandolo, a Roma
4 ottobre 1992: nel giorno della festa di San Francesco si firma la pace per il Mozambico, raggiunta grazie alla mediazione di Sant'Egidio
1994: prima marcia con la comunità ebraica di Roma per ricordare il giorno della deportazione degli ebrei romani ad Auschwitz (16 ottobre 1943)
2002: si apre a Maputo, in Mozambico, il primo centro di cura del Progetto DREAM, per la cura dell'Aids
Nasce a Sant'Egidio la Coalizione Mondiale contro la pena di morte
2003: nasce il movimento dei disabili di Sant'Egidio, con il nome "Gli Amici"
2007: la Comunità presenta al Presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite 5 milioni di firme raccolte in 87 Paesi per una Moratoria universale della pena capitale
2009: visita e pranzo di Benedetto XVI alla mensa dei poveri di via Dandolo
2012: visita di Benedetto XVI al centro anziani gestito dalla Comunità al Gianicolo
Marco
Impagliazzo, 50 anni, docente di Storia contemporanea
all'Università per stranieri di Perugia, è presidente della
Comunità di Sant'Egidio dal 2003. “Ho incontrato la comunità”, racconta, “attorno al 1977, quando ero un giovane studente in un
liceo romano. Erano gli anni della contestazione giovanile e i
giovani si chiedevano dove andare. Io trovai risposta a questa voglia
di cambiamento nella Comunità, in particolare nei giovani che vidi
all'opera nelle periferie romane, con il doposcuola ai ragazzi più
disagiati”.
Per lei quali
sono stati i momenti più coinvolgenti da quando è entrato nella
Comunità?
«Ricordo il
primo incontro con i bambini poveri nel quartiere popolare della
Garbatella. Fu un momento importante: mi resi conto che avevo trovato
una risposta alla mia voglia di partecipare al cambiamento del mondo
aiutando dei bambini in difficoltà. Non posso non ricordare il
giorno della firma degli accordi di pace per il Mozambico, il 4
ottobre del 1992. Fu un momento di grande gioia in cui finalmente si
vedevano dei guerriglieri diventati politici e un Paese stremato
dalla guerra che gioiva per una pace vera dopo anni di fatiche e di
trattative serrate. La visita al centro Dream di Blantyre in Malawi
mi ha molto colpito: ho visto la gioia incommensurabile di donne
malate di Aids che potevano dare alla luce bambini sani grazie alla
terapia antiretrovirale e alla passione di chi le ha aiutate a
curarsi durante la gravidanza. La gioia di quelle madri è per me
indimenticabile. Anche perché si moltiplica man mano che il
programma Dream cresce in Africa. infine resta forte il ricordo
dell'incontro di Assisi per la pace nel 1986: una vera icona vivente
del mondo globalizzato in pace».
Da allora la
vostra comunità si è impegnata a tener vivo lo spirito di Assisi,
ma a volte non è stato facile, vero?
«L'incontro di
Assisi non fu merito nostro, ma di Giovanni Paolo II. Ma dopo quel
giorno straordinario comprendemmo, insieme con Andrea Riccardi, che
quel momento non poteva rimanere isolato e doveva continuare.
Qualcuno, soprattutto nei primi anni, ha avuto qualche perplessità
su questi nostri incontri. In realtà la storia ha dimostrato che lo
Spirito di Assisi non solo andava continuato ma diffuso e allargato
oltre che alle religioni anche a uomini e donne di cultura e di buona
volontà. Questi incontri incontri sono un grande messaggio di pace
in un mondo ancora colpito in tante parti dalla guerra e dalla
violenza diffusa. Lo Spirito di Assisi ha mostrato che le religioni
sono l'elemento fondamentale della pace del mondo e non giustificano
mai la violenza».
Pensa che
questo tema oggi sia prioritario per la Chiesa?
«Io credo che
Benedetto XVI, volendo ricordare i 25 anni dell'incontro di Assisi
insieme a uomini non solo delle religioni, ma anche della cultura e
del mondo laico, abbia dato una ulteriore accelerazione a questo
tema. Anche perché oggi o si è uniti o si è sconfitti, per questo
bisogna trovare in tutti quelle buone volontà che possano aiutare a
superare questo grande momento di crisi».
Il vostro
impegno per l'aiuto dei poveri, a Roma e in altre città, è
notorio. Anche a Roma è aumentata la povertà?
«Sì, a Roma
il disagio sociale è aumentato così come per tante famiglie
italiane. C'è il problema della disoccupazione, ma direi che il
disagio aumenta anche perché tanti si dividono, si è rotto tutto
ciò che ci lega agli altri. La crisi della famiglia è anche uno dei
fattori decisivi dell'impoverimento della nostra società. Non esiste
solo la crisi economica, ma anche antropologica. Si perdono i legami,
si cerca di salvarsi da soli e quando si è da soli si fa ancora più
fatica a vivere. Perciò la crisi di Roma è anche la crisi del senso
comunitario della città. In questi ultimi anni non ci sono stati
messaggi forti né grandi esperienze a questo livello, se si eccettua
l'esperienza di tante realtà ecclesiali. In questo senso Sant'Egidio
è diventato un approdo non solo per i poveri, ma anche per persone
che hanno vari tipi di difficoltà. Molti hanno trovato in noi una
famiglia».
Sul fronte
internazionale oggi dove siete impegnati?
“Non abbiamo
mai dimenticato, dal Mozambico in poi, il tema della pace.
Recentemente sono stati avviati dei colloqui fra il Govenro del
Senegal e la guerriglia del Casamance. Questi colloqui hanno portato
alla liberazione di alcuni soldati senegalesi che erano prigionieri
dei guerriglieri. Il tema della pace ci resta sempre a cuore. Una
volta al mese preghiamo in tutte le nostre comunità per la pace nel
mondo, dove vengono ricordati i Paesi che sono in guerra e che
soffrono per la violenza. Questo è il tratto della nostra comunità,
mai separare la solidarietà dalla preghiera, l'aiuto ai poveri dalla
spiritualità”.
In questi
ultimi tempi, dopo l'impegno diretto del vostro fondatore Andrea
Riccardi nel Governo Monti e la candidatura di alcuni vostri
esponenti alle prossime elezioni, vi sono arrivate critiche. Può
esserci uno snaturamento della Comunità? Lei che cosa replica?
“Se queste
critiche ci fossero sarebbero un po' provinciali perché quando si
tratta dell' Italia dovrebbe esserci questo tipo di problema? Noi
abbiamo condotto negli anni trattative di pace molto impegnative e
coinvolgenti in Mozambico, in Algeria, e in altre aree del mondo.
Questo impegno non ha mai suscitato questi dubbi. Essendo una realtà
internazionale la comunità si è già, in qualche modo, impegnata in
ciò che ritengo essere uno degli scopi della politica, cioè la
costruzione del bene comune e il sostegno ai piu deboli. Ora il fatto
che esista l'impegno personale di qualcuno e non di Sant'Egidio, che
resta una comunità ecclesiale, nella società italiana non mi pare
uno snaturamento della nostra storia. Ognuno ha il diritto di dare il
suo contributo personale alla costruzione di una societá migliore e
più giusta restando legato alla sua storia e portando i valori in
cui crede al cuore della società"
Con che
spirito celebrate il 45° anniversario della Comunità?
“Come ogni
festa è innanzitutto un momento di gioia e di ringraziamento al
Signore per la storia che ci ha dato. In questi anni siamo diventati
amici di tante persone e soprattutto dei poveri. I cristiani accanto
ai poveri sono una grande risposta alle domande del nostro tempo,
perché chi sta con i poveri capisce meglio la realtà. I poveri ci
aiutano a evangelizzare e a toccare il cuore di tante persone che si
sono allontanate dalla fede. Perché ci avvicinano a Gesu. Siamo
nell'Anno della Nuova Evangelizzazione e questo anniversario ci pone
la domanda di come Sant'Egidio può continuare a comunicare il
Vangelo nel mondo globalizzato. Il contributo più grande che
possiamo dare in questo senso è comunicare il Vangelo a tutti con
gioia e mostrare il volto di Gesù nel povero".
«Accogli Modesta e tutti i suoi
poveri amici nella tua casa dove non ci sono freddo e solitudine,
dove tutti sono conosciuti e conoscono te». Così prega la
Comunità di Sant'Egidio nel ricordo di Modesta Valenti, una
donna di 71 anni senza fissa dimora, morta il 31 gennaio del 1983 a
Roma, nei pressi della Stazione Termini, che era diventata la sua
casa.
Quel giorno di 30 anni fa Modesta ebbe
un malore. Arrivò un'autoambulanza, ma Modesta non fu presa a bordo
perché era sporca e aveva i pidocchi. Così Modesta morì senza
cure, dopo alcune ore, in attesa che qualcuno si decidesse di
portarla in ospedale. Domenica 3 febbraio, all'ingresso della
basilica di Santa Maria in Trastevere, la Comunità di Sant'Egidio ha
esposto dei tabelloni che riproducevano i titoli dei giornali di
allora. “Lasciata morire perché sporca”, titolò la
Repubblica, mentre il titolo del
Messaggero fu: “Chi
porta la 'barbona' in ospedale? Quattro per decidere e lei muore”.
Nel
30° anniversario della morte di Modesta, la Comunità ha voluto
ricordarla, insieme ai tanti altri poveri morti nelle strade di Roma
e aiutati da Sant'Egidio, con una messa celebrata il 3 febbraio da
don Vittorio Ianari. La basilica era piena. C'erano anche loro, i
poveri di oggi a Roma, fra i banchi della chiesa. Erano lì con le
loro borsone, i loro abiti sporchi, i loro volti segnati dagli
affanni della vita. Sull'altare un'icona di Maria che accoglie e
protegge i suoi figli. Al momento delle preghiere dei fedeli è stato
letto il lungo elenco dei nomi dei poveri uccisi dal freddo e dalla
solitudine in questi trent'anni: Damiano, Stanislaw, Mohamed, Biagio,
Claudia, Serafino, Linda, Giulia, Rosa, Gennarino, Carletto,
Michele...
L'elenco sembrava non finire mai.