23 milioni e 800mila: il numero di rifugiati e persone bisognose di protezione internazionale che sono ospitati da 14 Paesi a basso e medio reddito. 23 miliardi di dollari: la somma a cui ammontano gli interessi di questi Stati sul debito estero e, al contempo, la cifra che da sola sarebbe sufficiente a garantire per quasi cinque anni l’istruzione di milioni di bambini rifugiati.
Sembra un paradosso, eppure è proprio questa la realtà che emerge dal rapporto “Il Prezzo della Speranza”, diffuso da Save The Children in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra oggi, 20 giugno.
In un quadro globale in cui – stando alle parole della Responsabile Educazione dell’Ong Hollie Warren – «la comunità internazionale sta rispondendo all’emergenza dei rifugiati con crescente ostilità, anche riducendo i fondi per gli aiuti», stupisce che ad ospitare quasi la metà dei profughi mondiali siano proprio quegli Stati dove la povertà economica ed educativa è già elevata.
Nazioni quali Turchia, Giordania, Colombia, Pakistan, Uganda, Sudan, Perù e Bangladesh si trovano di fatto in condizioni finanziarie critiche, che inevitabilmente incidono sull’efficienza del sistema scolastico. Secondo l’ultimo aggiornamento sulla povertà di apprendimento a livello mondiale, in questi Paesi risulta che il 70% dei minori sotto ai 10 anni non è in grado di leggere e comprendere un testo semplice, spesso a causa di una macchina educativa fortemente sottofinanziata. Come attesta infatti uno studio pubblicato dal Geneva Global Hub for Education in Emergencies, l’istruzione rimane purtroppo una delle aree umanitarie meno sovvenzionate, tanto che nel 2021 le è stato dedicato solo il 3,1% dei fondi umanitari globali, sufficiente appena per il 22% degli appelli di sostegno economico all’istruzione.
In questo contesto, il fatto che gli Stati ospitanti siano ad alto rischio di indebitamento non fa che peggiorare sistemi di insegnamento già in difficoltà, con gravi ripercussioni specialmente sui bambini sfollati. «L’alleggerimento del debito è cruciale per rendere disponibili i fondi necessari per garantire l’accesso all’istruzione a tutti i bambini rifugiati», ha detto la Responsabile Educazione, «ma più aspettiamo, più la situazione peggiorerà per loro: in questo momento, nel mondo, ci sono più bambini che sono stati costretti a sfollare che in qualsiasi altro momento della storia moderna».
A livello globale si stima che i bambini rifugiati perdano in media tre o quattro anni di scuola a causa dello sfollamento forzato, e che circa la metà di essi rimanga del tutto fuori dal sistema scolastico: se a questo desolante scenario si aggiunge che le crisi umanitarie sembrano durare sempre più a lungo (in media 9 anni), non è difficile immaginare a quanti minori sarà di fatto preclusa la possibilità di conoscere e imparare.
Per questi motivi, Save The Children ha formalmente chiesto a donatori e partner internazionali da un lato di ridurre tempestivamente il debito per i Paesi i cui oneri minacciano la loro capacità di investire adeguatamente nell'istruzione, dall’altro di far fronte al costo annuale di 4,85 miliardi di dollari per fornire istruzione ai rifugiati e rafforzare i sistemi educativi nei Paesi a basso e medio reddito.
«Questi bambini hanno passato l’inferno fuggendo da conflitti, fame o crisi climatiche» ha aggiunto Warren, «ora hanno urgente bisogno di stabilità e speranza per un futuro più luminoso».