(Nella foto in alto: Nando Pagnoncelli, presidente dell'Ipsos)
Sono molti i cattolici tra gli italiani che votano per Grillo. Ce lo spiega il politologo e sondaggista Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Italia e docente all’Università Cattolica di Milano. "La componente cattolica nelle file dei Cinque Stelle è molto numerosa”.
Si può quantificare in percentuale?
“La sola componente dei cattolici praticanti, quelli che vanno a messa almeno una volta a settimana, è pari al 16,1 per cento dell’elettorato. Questo spiega la scelta di Grillo di dare ai suoi libertà di coscienza nel votare il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili. Tutti si aspettavano che i deputati grillini lo avrebbero sostenuto fino in fondo e che questo passo indietro avrebbe avuto pesanti conseguenze sul consenso elettorale, vista l’immagine e le iniziative progressiste del movimento”.
Basterebbe citare il bacio gay dei deputati in Parlamento nel settembre del 2013…
“E invece il mancato sostegno della Cirinnà non ha modificato minimamente l’orientamento dell’elettorato. Probabilmente anche in virtù di questa forte componente cattolica”.
E negli altri partiti come si attestano i cattolici nei vostri sondaggi?
"La percentuale più alta dei cattolici praticanti (come ho detto, chi va a messa almeno una volta alla settimana) all'interno del partito ce l'ha il Pd, con il 22 per cento, seguita dai Cinque Stelle, come ho detto, con il 16,1 per cento. Segue Forza Italia, con il nove per cento, seguita dalla Lega Nord che ha il 7,4 per cento dei cattolici praticanti nel suo elettorato. L'area popolare, forse contrariamente alle aspettative ha il 4,4 per cento dei praticanti, Fratelli d'Italia il 3,6, Sinistra ecologia e libertà solo l'1,3. Ma il vero partito che ha al suo interno la più alta percentuale dei cattolici praticanti è un altro..."
E quale?
"Quello degli astensionisti, pari al 34 per cento. Vuol dire che non vota un cattolico praticante su tre. Vuol dire che all'interno del mondo cattolico c'è molto disorientamento e sfiducia. Un problema su cui riflettere".
Che effetti stanno avendo sull’elettorato dei Cinque Stelle le vicende romane?
“I nostri sondaggi ci dicono che il consenso è rimasto sostanzialmente inalterato. Quei pochi che sono rimasti delusi sono confluiti nel serbatoio del voto astensionista, qualcuno nella Lega, non negli altri partiti”.
Eppure in questa vicenda sono sorte diverse contraddizioni: la difficoltà di amministrare, l’uso di due pesi e due misure nei riguardi degli inquisiti, la mancanza di trasparenza, le divisioni…
“E in effetti i mass media, mettendo a nudo le contraddizioni che ha citato, hanno un po’ recitato il de profundis dei 5 stelle: ecco, è finita, il re è nudo, sono come gli altri partiti etc. Ma l’opinione pubblica non procede per linee rette. E’ interessante vedere come hanno reagito gli elettori di fronte a questa vicenda”.
E come hanno reagito?
“Gli elettori ostili ai 5 Stelle non hanno fatto altro che trovare ulteriori motivi per criticare il movimento. Tra gli elettori grillini invece è interessante osservare come ci siano perplessità ma sostanzialmente fedeltà di voto”.
Insomma gli elettori 5 Stelle non hanno voltato le spalle a Grillo.
“Esattamente. Noi immaginiamo un elettorato che di fronte alle contraddizioni dei loro soggetti politici sono pronti ad abbandonare il partito che hanno votato e a partire per nuovi lidi. Ma non è così, l’elettore non è così razionale”.
Da cosa dipende questa fede incrollabile nella Raggi e nel movimento? Dobbiamo forse ricorrere alla psicoanalisi?
“La psicanalisi entra sempre di più nell’analisi politica. Noi ci avvaliamo da sempre delle competenze di psicologici per lavorare sulla parte non razionale legata all’emozione e all’affettività, facendo spesso emergere elementi inconfessabili E anche i Cinque Stelle non sfuggono a questo approccio. Ma a parte questa precisazione ci sono diverse componenti in questo elettorato: il voto di opinione è molto turbato dal tema della corruzione. E il partito dell’onestà è quello dei Cinque Stelle, l’unico partito “vergine” di quelli presenti in Parlamento.
Dunque siamo di fronte a un derby tra onestà e competenza?
“Per certi aspetti sì. Per gli elettori Cinque Stelle la competenza può cedere il passo, almeno inizialmente, all’onestà, che è un valore assoluto, un prerequisito insostituibile”.
Non lo trova un po’ inquietante?
“Dobbiamo ritornare a quello che disse Grillo: e cioé che i 5 Stelle ha fatto da argine all’astensionismo del Paese. Ed è vero. Come dimostrano i nostri sondaggi, gli altri partiti hanno poco di cui gioire di questa situazione: devono stare molto attenti, non è detto che gli elettori rientrerebbero nell’alveo di appartenenza in caso di disintegrazione del movimento, se non in minima parte”.
Ma qual è la percezione che ha il Paese dei Cinque Stelle?
“Fino alla vigilia dei fatti di Roma altissimo. Alle amministrative i 5 Stelle si sono affermati a Roma e a Torino, vincendo complessivamente nei 19 dei 20 ballottaggi a cui ha partecipato. In realtà l’Italia è più grande ma questo non importa, perché nonostante l’analisi dei voti dimostri che non c’è stata una crescita nei Comuni in cui il movimento si è presentato, gli italiani ritengono che i trionfatori delle amministrative sono stati i Cinque Stelle. E poiché il nostro è un Paese pronto a correre in soccorso del vincitore, come diceva Flaiano, ecco che i sondaggi registrano una crescita del consenso dei Cinque Stelle. Sono il primo partito. Hanno scavalcato anche il Pd nei sondaggi. Di Maio aveva un consenso superiore a quello di Renzi”.
Poi succede quello che succede...
“E dopo Roma noi riscontriamo che l’entusiasmo si raffredda. C’è uno stop, anche se come ho detto non registriamo una particolare emorragia di voti e quei pochi voti persi finiscono nell’astensione. Le prossime settimane saranno decisive per la partita di Palazzo Chigi”.
Con il referendum confermativo della riforma costituzionale?
“Anche. Comunque il passaggio da forza crescente a forza di governo è delicato per chiunque. Bisogna dismettere un abito e indossarne un altro. E’ delicato, ma si conta sulla luna di miele e in questo momento gli elettori di Grillo lo sono ancora”.
Quanto dura una luna di miele in politica?
“Statisticamente dai sei ai nove mesi. Forse questa avrà tempi più brevi, non si sa. La risposta dei romani è: lasciamoli lavorare, anzi, il fatto di inciampare è segno che sono diversi dalla politica tradizionale”.
E allora quando verranno i nodi al pettine?
“Quando i romani un bel giorno si sveglieranno e si recheranno al lavoro, riflettendo sul fatto che le buche sull’asfalto sono rimaste o sono scomparse, la spazzatura è ancora lì nei cassonetti oppure non c’è più. O ancora che finalmente l’autobus è alla fermata o magari continua a non passare. A quel punto si dirà: la Raggi è capace o non è capace di governare. Ma anche per il Pd saranno giorni cruciali, oltre che per il referendum per la Legge di Stabilità. Ci saranno inasprimenti fiscali, tagli di spesa, interventi a favore di alcune categorie? Vedremo. In Italia chi governa è fortemente sollecitato da due fratture: la prima è tra garantiti (quelli che lavorano nella pubblica amministrazione) e non garantiti (i privati, i giovani, le partite Iva, etc.); la seconda tra abbienti e non abbienti. Se la Legge di Stabilità dovesse mettere a segno qualche intervento a favore di questi ceti (non garantiti e non abbienti) potrebbe frenare il calo di consensi".