Quando ci troviamo davanti a comportamenti particolarmente intransigenti, inflessibili, spietati, dobbiamo sempre chiederci cosa si nasconda dietro questa rigidità. Abbiamo scoperto, anche di recente, che qualcuno aveva provato a dare un’immagine di sé di persona rigorosa, ferma e al di sopra di ogni sospetto. In realtà, proprio mentre si stava costruendo questa fama, tollerava e copriva comportamenti particolarmente gravi.
Questa dinamica è abbastanza frequente: si usano delle occasioni propizie per guadagnarsi una certa reputazione, in modo che qualora venissero fuori i propri comportamenti illeciti o scorretti, l’opinione pubblica sarebbe portata quanto meno a dubitare.
Sarebbe difficile, infatti, credere che chi si è mostrato così spietato nell’indagare sia in realtà coinvolto in qualche modo proprio in quei comportamenti che stigmatizzava.
La rigidità è sempre patologica, sia sul piano fisico che su quello spirituale e morale. La persona sana è flessibile, prova a comprendere, cerca di costruire percorsi che aiutano piuttosto che applicare princìpi che distruggono. Una dinamica simile, anche questa articolarmente diffusa oggi, porta la persona a costruirsi una fama e una rete di contatti, in modo da convincersi di essere inattaccabile.
Dietro queste figure ci sono delle personalità fragili e talvolta disturbate. Si tratta di persone che sono partite probabilmente da livelli di autostima molto bassi e si sono illuse di potenziare la propria opinione di sé attraverso dei riconoscimenti esterni: ruoli, prestigio, incarichi, remunerazioni economiche, considerazioni da parte di ambienti che contano.
In realtà si tratta di castelli di sabbia che si sbriciolano all’arrivo della prima marea.
Anche per questo è facile vederle sempre indaffarate a consolidare le proprie fortificazioni: scavano canali intorno al loro castello, mettono sassi pesanti, credendo che in questo modo l’acqua non corroderà la loro costruzione fantastica.
Purtroppo difficilmente si può intervenire per aiutare questo tipo di persone. Bisogna lasciar fare al mare, cioè a quella realtà che, impietosa, ma provvidenziale, a un certo punto sopraggiunge e lascia intravvedere quello che c’era dietro alle costruzioni imponenti e minacciose.