Centinaia di devoti di Natuzza, appartenenti a diversi cenacoli, provenienti da tutta Italia, si sono spontaneamente ritrovati al complesso della Villa della Gioia di Paravati, sede della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, nata per impulso di Natuzza Evolo, per ricordare quello che lei chiamava «il giorno più bello della mia vita», «il giorno della promessa», in cui accompagnata da Maria sino alle soglie del Paradiso promise a Lei e a Gesù di dedicare tutta se stessa al disegno divino d’amore e redenzione.
Era il 26 Luglio del 1940, infatti, quando Natuzza Evolo, la mistica calabrese di cui lo scorso 7 aprile è stata aperta la causa di beatificazione, attorno alle 19,30, cadde in un inspiegabile stato catalettico, durato circa 7 ore. La Vergine le era apparsa dicendole che quel giorno sarebbe morta «apparentemente». Ma lei, all’epoca sedicenne, analfabeta, non comprese quel termine e avvertì i Colloca la famiglia di Mileto presso la quale era domestica, che le era stato annunciato il suo decesso. Ci fu dunque un grande afflusso di curiosi da ogni dove e inviati di molte testate nazionali. Ma quel giorno Natuzza accusò solo un inspiegabile stato letargico, durato circa sette ore a partire dalle 19.30. «Gli occhi chiusi, i muscoli e gli arti irrigiditi», Natuzza restò immobile, nonostante i diversi medici presenti le iniettassero dei cardiotonici e facessero di tutto per farla rinvenire. Alle prime ore del mattino, il 27 luglio, si svegliò e fu come se non avesse avuto nulla. La maggior parte dei medici sostenne che la catalessi era stata provocata dall’autosuggestione, che tutti i “poteri” della giovane erano una messinscena visto che la previsione della sua morte non si era avverata.
In più Natuzza, silente, non fornì alcuna spiegazione. Soltanto cinquantasei anni dopo, il 19 settembre 1996, Natuzza confiderà a don Pasquale Barone, ex parroco di Paravati ed ex presidente della Fondazione, che, in quelle 7 ore di catalessi, la Madonna le aveva fatto vedere nitidamente, come se fossero già edificate, la chiesa e le strutture assistenziali attorno, la “grande Casa”, il “Rifugio delle anime” che nel 1944 le chiederà precisamente di realizzare a Paravati.
Per questo ciascuno, tra la folla convenuta al complesso nella spianata paravatese, oggi divenuto realtà, portava in mano un cartello rosso con sopra scritto «Natuzza messaggera della Madonna».
Quel giorno della promessa del 1940, la illuminò per tutta l’esistenza, le diede la forza di non vacillare mai nella fede, persino quando tutto sembrava remare contro il progetto affidatole dal cielo. Tanti suoi figli spirituali oggi si sentono in una situazione simile, fosca, dolorosa, ma rischiarata dalla certezza che lei ha trasmesso loro che nulla può fermare il volere di Dio e che in esso persino la contrarietà o l’ostacolo alla lunga sortiscono un effetto benefico.
Il 26 luglio, festa liturgica di Sant’Anna, madre della Madonna e nonna di Gesù, prima a Paravati, veniva scandito da una celebrazione gioiosa all’aperto, nel sagrato della Grande Chiesa da tempo ultimata e mai consacrata, perché coincidente col giorno della promessa di Natuzza. Ma con un apposito decreto, fu vietata da Monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea che spiegherà: «Natuzza non può essere oggetto di culto pubblico fin quando non ne vengono riconosciute le virtù eroiche». Il presule aggiunse che le «apparizioni» vissute da Natuzza erano in realtà «sogni» e che anche su di esse occorre attendere una valutazione delle autorità ecclesiastiche.
Ma poi con altro decreto il 1° agosto di quello stesso anno, sarebbe stata vietata ogni attività di culto nella Villa della Gioia per la controversia insorta sulle modifiche statutarie da lui chieste alla Fondazione e bocciate a stragrande maggioranza dall’assemblea dei soci.
Quest’anno, però, dopo che nei giorni scorsi il conflitto si è ancora più acuito, con il decreto vescovile che segna la soppressione di fatto dell’ente, la supplicatio da parte di quest’ultima, respinta in tempi rapidissimi da Renzo, i figli spirituali della Evolo hanno deciso di ritrovarsi qui, nel giorno della Promessa, «per non dimenticare la Missione di Mamma Natuzza», come hanno scritto su un grande striscione. Hanno pregato davanti la sua tomba e recitato il Rosario, percorrendo la discesa che porta alla chiesa, voluta dalla Madonna ed oggetto anch’essa del contendere fra il Vescovo e la Fondazione, chiamata dalla mistica «la mia sesta figlia, la più amata» in un unico canto di speranza.
Al termine del Rosario il Presidente della Fondazione, Pasquale Anastasi ha detto: «Siamo qui per un’avventura d’amore, per un messaggio di spontaneità, con compostezza e garbo. Non c’è significato senza Fondazione: l’ha voluta lei, l’hanno voluta la Madonna e Dio. Questa non è una battaglia, non siamo nati per contrarietà a nessuno, siamo qui per portare avanti un progetto sotto gli occhi di tutti costruito con l’impegno e la passione di tante persone ed in particolar modo di due sacerdoti».
Ovvio il riferimento a don Barone e a padre Michele Cordiano, direttori spirituali della mistica che ne hanno raccolto ogni confidenza, aiutandola e sostenendola nel corso dei decenni nell’apostolato che era stata chiamata a condurre. Al riferimento a questi due sacerdoti, di recente accusati in un comunicato della diocesi addirittura di esser coinvolti in accordi segreti «sotto banco», per imporre determinate situazioni a Natuzza, come se non fosse stata lucida, nonostante l’apertura della causa di beatificazione, è partito uno spontaneo, caloroso applauso.
Ha concluso Anastasi:
«Siamo tutti volontari legati da un progetto divino che non può scomparire così perché nessuno su questa terra può interrompere un percorso voluto da Dio. Rispettiamo tutti, ma abbiamo il dovere di difendere la vera identità di questa Fondazione».