Il tema che più di tutto mi tiene col fiato sospeso è l’aria, alla quale credo non si dia la giusta importanza.
Ed ecco allora le mie perplessità: perché in un ambiente come l’ospedale, che dovrebbe essere fortemente attrezzato contro le infezioni, ogni giorno svariate persone si contagiano? Possibile che a distanza di vari mesi di persistenza del contagio non si riesca ancora a difendersi? Da qui un sospetto. Se è vero che il virus viaggia anche per via aerea (è implicito nel fatto che si consigli vivamente di usare mascherine FFP2 o FFP3 che filtrano l’aria da inspirare) perché si vede un gran numero di addetti ospedalieri utilizzare protezioni che permettono di inspirare aria non filtrata?
Si dice che un metro di distanza tra le persone sia una misura di sicurezza accettabile. Questo vale forse per evitare che le varie goccioline (pesanti) che emettiamo tossendo o parlando vadano ad appoggiarsi sull’altro. Giusto! Ma poi, quando queste goccioline si saranno seccate che ne sarà degli eventuali virus liberati dalla pesantezza delle goccioline? Alcuni ricercatori dicono che la sopravvivenza del COVID-19 può durare anche diverse ore specialmente sulla plastica. Quindi, è logico aspettarsi che una semplice corrente d’aria lo possa rimettere in volo, probabilmente agganciandolo a pulviscolo atmosferico. E cosa dire delle goccioline (leggere) di fiato espirato che persistono in volo restando in balia delle varie correnti d’aria? Come si può affermare che esse restino confinate nel raggio di un metro?
I vari decreti/ordinanze emanati del governo nel tentativo di contrastare la diffusione del virus sono ovviamente il frutto di elaborazioni e consultazioni con i massimi esperti dei vari settori coinvolti. Quindi da cittadino oltre a rispettare le leggi dovrei anche riporre un po’ di fiducia sul lavoro febbrile di tanti esperti e stare rilassato e più tranquillo. Così mi piacerebbe che fosse! Ma non riesco, ancora troppe incongruenze sono presenti nelle regole e molti altri come me credo si trovino nella stessa situazione. Ad esempio, è fortemente sconsigliato, se non vietato, uscire da casa, salvo fare spesa, portare il cane o lavorare. La logica è semplice: evitare assembramenti. Bene. Giusto. Poi però, qualcuno mi deve anche spiegare perché nel fare una passeggiata in solitudine si è a rischio contagio, mentre nel viaggiare su autobus, treni, metropolitane o fare la spesa stando a un metro dagli altri si può stare tranquilli. Semmai è il contrario! D'altronde capisco che per tener controllate le aggregazioni sia molto più facile confinare la popolazione in poche aree prestabilite. Ma queste cose vanno spiegate meglio se si vuole avere una migliore collaborazione dei cittadini!
Mi sembra di constatare che purtroppo nella popolazione stia nascendo la percezione che l’altro sia un pericolo (basta guardare le facce della gente in fila ai supermercati) e occorra difendersi restando confinati ed evitare contatti sociali. E ci si convince pure che stare chiusi in casa sia il luogo più sicuro per non ammalarsi, dimenticando che respirare aria esterna e lontano dagli altri è forse il modo più giusto per salvaguardarsi dal virus. Questo è un grosso problema che alla lunga potrebbe favorire l’individualismo e la perdita di attenzione alle situazioni di bisogno. Non sarebbe il caso di affrontare con urgenza questo rischio collaterale che si diffonderà sempre più col perdurare delle restrizioni?
Penso che lo stress dovuto al pericolo di essere contagiati oltre a quello dovuto all’incertezza di un luogo sicuro dove poter vivere ed essere curati contribuisca, come risaputo, alla diminuzione delle difese immunitarie peggiorando ulteriormente la nostra condizione.
Voglio sperare che le cose siano diverse da come le ho viste io.
Ermanno
Modena