Mi sono iscritto in una scuola media in cui pensavo di essere al sicuro. Invece già dopo i primi giorni si è capito che un gruppetto di terza se la prende con un mio compagno di classe.
Il bullismo è una piaga. Da qualche anno se ne parla in modo attivo e professionale, ma non basta. Molti professori sanno che insegnare agli studenti a non diventare dei bulli è importante tanto quanto le formule e i congiuntivi. Invece non tutti i genitori sono consapevoli che i propri figli, volenti o nolenti, sono coinvolti nel fenomeno bullismo: come protagonisti, come vittime o come spettatori passivi. Anche se non tutti gli episodi sono gravi, non c’è una classe che si salvi, perciò occorre smettere di fare come gli struzzi e decidere finalmente di disseppellire questa nostra testa dalla sabbia. E ti parlo da genitore. Ma torniamo al tuo problema specifico. Racconta un po’ quello che succede.
Il mio compagno Gianni si è trasferito da poco. È più basso e più mingherlino della media, porta gli occhiali e nelle lezioni di storia fa delle domande difficili che la maggior parte di noi nemmeno capisce. E così molti compagni lo deridono.
Il quadro è chiaro. Gianni è approdato alla vostra scuola in posizione svantaggiata perché non ha amici; questo vuol dire che quando un compagno si permette di infierire contro di lui con qualche battutaccia, non c’è nessun paladino che si senta in dovere di prenderne le difese. Due cose voglio dirti su questo. Una è che l’emarginazione è come la pistola che spara ai blocchi di partenza del bullismo, perciò è vitale che nella tua classe si faccia rete. Scambiatevi indirizzi e numeri di telefono anche con Gianni e usate i contatti non solo per comunicarvi cose tecniche, tipo i compiti, ma anche per coltivare l’amicizia. Coinvolgetevi tutti quanti in varie iniziative extra scolastiche, come una merenda al parchetto. Ogni occasione è buona per stare insieme e conoscersi meglio. L’altra cosa che volevo dirti è questa: fare domande difficili che, come dici tu, nessuno capisce denota intelligenza, perspicacia, riflessività, sono tutte qualità positive. Allora perché temerle o deriderle? Rifletti e fai riflettere i tuoi compagni. Ma torniamo a quelli di terza.
Sono amico del cugino di uno del gruppetto, e lui non mi vuole dire cosa sta succedendo, perché teme di restare invischiato. Io so che fermano Gianni nei corridoi e gli chiedono delle cose, minacciandolo di pestarlo se non le fa. Non so immaginare cosa gli chiedono, forse soldi? O rubare? Non so. E ho paura.
La mancanza di empatia e il disagio sono le cause che spingono un bullo in potenza a diventare bullo patentato. Ma l’omertà e l’indifferenza degli spettatori sono i complici più terribili. Il bullo è uno (o comunque pochi!), gli spettatori sono cento volte di più. Se non fanno niente mi viene da dire che quasi quasi hanno più colpa loro.
Ti sfido con questa proposta: usa tutta la tua empatia e un pizzico di furbizia per trovare la soluzione, ma soprattutto parlane con un insegnante di cui ti fidi. Questa non è una faccenda da sbrigare in due minuti fra pari, ci vuole l’intervento dei grandi.
Disegno di Fabio Porfidia