L’avvocato Guido Bardelli è il presidente della Compagnia delle Opere, la realtà sociale che raduna numerose associazioni territoriali di imprese nel settore profit e no profit. Anche lui era presente al Meeting di Rimini quando Enrico Letta, durante il primo confronto sui programmi elettorali con la Meloni, Salvini e altri esponenti politici, è stato fischiato, evento piuttosto raro nella storia del Meeting (di solito il pubblico all’ascolto quando non è d’accordo sta in silenzio o al massimo mugugna). Il segretario del partito democratico dal palco aveva proposto di allungare l’obbligo scolastico fino alla maturità: «Secondo me noi dobbiamo rendere obbligatorio la scuola di infanzia che finora non lo è e allungarlo anche alla maturità. Sono due scelte importanti e fondamentali». La platea ha fischiato e rumoreggiato così forte da interrompere il ragionamento di Letta, che tuttavia non si è dato per vinto: «Sì, lo ritengo necessario, è importante allungare l’obbligo scolastico».
Qual è il senso di quei fischi al segretario del Pd presidente Bardelli?
«Non lo so di preciso, posso provare a dare un contributo per chiarire la situazione. Secondo me la frase del segretario del Pd, forse mal interpretata, anche per la brevità del tempo lasciata a Letta, è stata vista come un’intrusione nella vita delle famiglie».
Il popolo del Meeting dunque non è contrario all’innalzamento degli studi fino alla maturità …
«No, assolutamente, penso ci sia stato un misunderstanding da entrambe le parti. Tra l’altro il problema posto da Letta è interessante. Abbiamo un obbligo scolastico che finisce ai 16 anni e - fatta eccezione per alcuni tipi di offerta formativa tecnica - si completa a 18. Dunque abbiamo un problema di abbandono scolastico legalmente possibile ma problematico. Dove va un ragazzo che abbandona gli studi in terza liceo o al quarto anno di istituto commerciale? Anche nelle nostre opere si vive quel problema. Credo che il problema ci sia e che ci sia tempo per riflettere ulteriormente sulla questione».
Dunque il problema sta più a monte, quell’obbligo statale e di sapore un po’ totalitario di mandare i bambini a scuola a tre anni, che lo vogliano o no i genitori …
«Potrebbe essere. Ripeto, forse la proposta è stata vissuta come un’intrusione nella vita e nella libertà formativa delle famiglie, l'autonomia scolastica e formativa come sappiamo è un tema molto sentito da noi cattolici. Io quei fischi non li ho apprezzati perché era un momento di confronto e di dialogo ma posso comprendere che l’abbiamo presa come un’invasione di campo, sul non rispetto della libertà di scelta da parte di una famiglia. Non tanto per la scelta della scuola ma per la scelta di un’età scolare anticipata. Che poi, se andiamo a vedere le statistiche, la scuola per l'infanzia a tre anni è già stata scelta dal 97 per cento delle famiglie. Però anche quel 3 per cento testimonia un principio di libertà educativa. Siamo sul terreno delle incomprensioni. Ne riparleremo, anche con lo stesso Letta, perché è un tema delicato che ci appassiona».