Nel giorno in cui papa Francesco non può celebrare, a causa delle precauzioni anticovid, i battesimi dei bambini nella Cappella Sistina come ogni 10 dicembre, i frati francescani, dopo 54 anni, tornano in pellegrinaggio sulla sulla riva a est di Gerico l’ingresso al luogo in cui si ricorda il battesimo ricevuto da Gesù per mano di Giovanni il Battista nel fiume Giordano. Il pellegrinaggio annuale in questo luogo, conosciuto con il nome di Qasr al-Yahud (rocca degli ebrei), è un rito vivo fin dal XVII secolo, ma si è cessato di celebrarlo dal 1967, quando a causa della guerra dei sei giorni, l’intera area era stata chiusa a pellegrini e turisti. Il sito è poi diventato un campo minato di 55 ettari ed è stato trasformato in una zona militare. Soltanto in occasione del Giubileo del 2000, per la visita di papa Giovanni Paolo II in Terra Santa è stato aperto un limitatissimo accesso richiuso dopo la seconda Intifada.
Ora finalmente l’accesso è di nuovo libero, Con il consenso delle autorità israeliane e palestinesi è stata infatti completata finalmente l’operazione di sminamento per oltre 4000 mine. A portare a termine il lavoro, come riferisce Vatican News, è stata un’organizzazione umanitaria britannica specializzata in questo tipo di interventi, “Halo Trust”. E dopo oltre 50 anni, la chiesa di San Giovanni Battista è stata riconsegnata alla Custodia di Terra Santa. Grazie a questo lavoro oggi la Custodia di Terra Santa può tornare a celebrare qui il battesimo di Cristo, anche se alla presenza di poche persone a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia.
Nel programma: la processione, la Messa solenne, e il pellegrinaggio al Monte delle Tentazioni. «Un giorno storico per i francescani», ha spiegato Padre Ibrahim Faltas a Radio Vaticana è veramente una gioia grandissima tornare in questo convento, così caro ai cuori di tutti i frati della Custodia. Anche per tutti quei frati che hanno dato la vita per questi Luoghi santi». E ha aggiunto: «Per il Medio Oriente significa che non dobbiamo perdere mai la speranza. Nessuno pensava che questo convento potesse tornare sotto la nostra custodia. Per tanti era impossibile. Abbiamo sempre la speranza, la fiducia che tutto tornerà alla normalità. Sono convinto che un giorno vedremo la pace nella Terra Santa. Stiamo lavorando con le ‘pietre vive’ della Terra Santa, cioè la gente, dandole la speranza, il coraggio di rimanere nei Luoghi Santi. E sperando che il futuro sarà migliore e ci sarà la pace. Quello che vogliono tutti gli abitanti del Medio Oriente è vedere la pace realizzata in questa terra».