L'attestato "slot-free" per i fratelli Daniele e Marco Pintauro
Sapevano che avrebbero potuto guadagnarci, ma i fratelli Pintauro, titolari del “Bar Man Bar” di via Santa Maria Valle a Milano, non hanno mai voluto installare le slot machine nel loro locale. E neppure vendere un “Gratta e vinci”. Racconta Daniele: “In un momento di crisi economica, sappiamo che potrebbe essere una buona entrata, ma siamo contenti della scelta fatta. Soprattutto per una ragione etica: anche famiglie di nostri conoscenti sono state devastate dal gioco d’azzardo. Guadagnare sulla fragilità di altre persone vorrebbe dire anche per noi soldi facili e non vogliamo fingere di non sapere che il gioco può sfociare in una malattia. Altrimenti, è matematico, alla lunga saremmo tutti perdenti!”.
Per questo, i fratelli Pintauro sono diventati uno dei simboli della lotta contro le “macchinette mangia soldi”: il 26 gennaio, il Comune li ha premiati con un attestato per il loro impegno contro la ludopatia. È il decimo esercizio commerciale a ricevere l’adesivo “slot free”, che viene conferito a chi rinuncia ad installare nel proprio locale macchinette per il videopoker e slot machine. “Questo riconoscimento – ha detto l’assessore alle Politiche sociali Majorino – è di natura simbolica, ma ha un alto valore culturale. Chi decide di non posizionare o di rimuovere le slot machine contribuisce a non diffondere il gioco d’azzardo e a evitare così la possibilità di sviluppare dipendenze di tipo patologico nelle persone. È quindi un piccolo grande segno di attenzione nei confronti della comunità che, come Amministrazione, vogliamo valorizzare il più possibile”. Con la nuova legge regionale, anche la Lombardia offre sgravi fiscali come incentivo, ma molti titolari di bar temono che rimuovendo i videopoker perderebbero i loro clienti a vantaggio dei locali che conservano le macchine per il gioco.
I fratelli Pintauro, l'assessore alle Politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino e Claudia Buccellati, presidente di Per il Policlinico Onlus
La premiazione del “Bar Man Bar” arriva dopo una segnalazione del Comitato Jenner Farini, che però in questo caso esce per la prima volta dalla zona in cui è nato, la periferia nord, e varca le mura del centro città. “Segno – spiega il portavoce del Comitato Luca Tafuni – che questa lotta non deve avere limiti, perché il problema, ormai lo sappiamo, riguarda tutta la Città e il Paese intero”.
Oggi in Italia, quasi l’80% dei videopoker si trova nei bar e nelle tabaccherie. Se n’è accorta anche l’associazione “Per il Policlinico Onlus”, la cui presidente Claudia Buccellati ha partecipato alla consegna dell’attestato al “Bar Man Bar” “per contribuire ad accendere i riflettori su una piaga che ormai ha assunto i contorni di una vera e propria patologia”.
Secondo uno studio dell’Università La Sapienza, ci sono 790mila italiani a rischio dipendenza dal gioco. Per questo, “la nostra Onlus – aggiunge Buccellati – inaugurerà a breve il “Punto orientamento contro il gioco patologico” presso il Policlinico, grazie al quale i nostri volontari daranno le prime informazioni e indirizzeranno gli interessati presso i Servizi Accreditati che offrono cura ed assistenza in relazione a problemi di gioco patologico nel territorio milanese”.
Secondo gli ultimi dati, la Lombardia è la Regione che registra la spesa pro capite più alta per le macchinette videopoker: 235 euro all’anno, il 30% in più rispetto alla media nazionale. Poco lontano da Milano c’è Pavia, un tempo conosciuta per l’università e la Certosa, e ora capitale italiana del gioco d’azzardo, con un videopoker ogni 104 residenti. Ma i dati lombardi vanno inseriti nell’aumento generale delle giocate in Italia negli ultimi dieci anni, da quando sono state ammorbidite le norme che regolano il gioco d’azzardo. Secondo i dati di Global betting and gaming consultants, l’Italia è infatti diventata il primo mercato in Europa e il quarto al mondo, dopo Stati uniti, Giappone e Macao. Nel 2013, a causa della crisi, per la prima volta la spesa media degli italiani per l’azzardo è calata, ma raggiunge gli 84 miliardi di euro: assorbe cioè un ottavo della spesa di ogni famiglia italiana, il quadruplo rispetto a quindici anni fa.