«La chiamavano “suor sorriso”, ma anche “scoiattolo”, perché camminava velocemente per raggiungere chi le chiedeva aiuto». Suor Beniamina Mariani, delle Figlie della Croce, ricorda con affetto i soprannomi di suor Maria Laura Mainetti, che con lei ha condiviso i primi passi nella vita consacrata. «Siamo entrate insieme in postulato a Roma, abbiamo vissuto il noviziato, la prima professione dei voti, quella perpetua e tutti i momenti di formazione che hanno scandito queste tappe», ricorda lucidamente suor Beniamina, che ha quasi 84 anni. La sua consorella ne avrebbe compiuti 82 il prossimo 20 agosto, invece a 60 anni è morta dissanguata il 6 giugno 2000 in un vicolo di Chiavenna, colpita da 19 coltellate per mano di tre insospettabili minorenni del posto.Una di loro l’aveva chiamata al telefono, inventando di essere rimasta incinta dopo uno stupro e di aver bisogno di sostegno: era solo un espediente per attirare la religiosa e compiere un rituale satanico. Dopo i primi fendenti, suor Maria Laura in ginocchio pregava: «Signore, perdonale». Lo hanno testimoniato al processo le stesse ragazze: «Sono state dedicate a loro le sue ultime parole, perché lei amava tanto i giovani e lo ha fatto fino al suo ultimo respiro», sottolinea la milanese suor Mariani, autrice della biografia di suor Mainetti uscita nel 2006 per le Edizioni San Paolo.
«Le volevo bene, ma ne ignoravo la profondità: l’ho scoperta dopo la sua morte, ritrovando i suoi scritti », ammette la consorella. «L’ho vista tante volte pregare in silenzio, a lungo. Spesso ho condiviso con lei ore di sera davanti alla Grotta delle apparizioni, a Lourdes. La vedevo assorta. Poi annotava: “Signore, il tuo capo chino m’insegna, le tue braccia aperte m’insegnano…”». Ancora un episodio, una confidenza: «All’esame finale delle Magistrali era stata bocciata e con dispiacere mi chiedeva perché il Signore lo avesse permesso. Dopo un po’ esclamò: “Ho trovato la soluzione, è la volontà di Dio, ha un suo progetto di amore che non so”. Quando è morta ho ricordato quel momento, che avevo apprezzato ma non compreso fino in fondo. Voleva dirmi che anche attraverso gli eventi negativi il Signore può realizzare il suo progetto di amore». Suor Beniamina testimonia: «Con la sua semplicità e pazienza, nel nascondimento, mi ha insegnato tanto. Era una donna straordinaria ma nessuno se ne accorgeva, comprese noi suore: umile, non si metteva mai in evidenza, ascoltava, interveniva con delicatezza. Negli altri vedeva “il mio Gesù”, le rivelavano qualcosa di Lui». Anche se stanca, non si lamentava e mi chiedeva di accompagnarla a visitare un malato, a pregare davanti a un defunto solo». E conclude: «Quando la penso, mi sembra quasi di vederla. Immagino che davanti alla beatificazione commenterebbe: “Ma dai, non esagerate”. Quando parlo di lei i giovani, da lei tanto amati, rimangono colpiti. Anche i ragazzi delle medie restano attenti e silenziosi davanti a questa vita semplice, e i loro genitori si stupiscono di questa reazione».
Fra questi giovani catturati dalla straordinaria normalità di suor Maria Laura, c’è anche don Andrea Giorgetta, 32 anni, prete dal 2019: «Ne avevo 8 quando l’ho conosciuta, facendo il chierichetto nella parrocchia di San Lorenzo a Chiavenna, dove adesso è sepolta. Ricordo che distribuiva l’Eucaristia, si occupava di ragazze in difficoltà. Quando è stata uccisa era inverosimile che fosse successo. Al suo funerale c’era tutto il paese, migliaia di persone: una folla immensa nella piazza. Sono andato spesso nel luogo del suo martirio per pregare, anche con il gruppo di catechismo. Mi aveva toccato il suo gesto, così mi sono avvicinato alla sua congregazione, partecipando ad alcuni incontri per giovani: sicuramente sono stati un germe per la mia scelta vocazionale, mi facevano riflettere sul senso di donarsi agli altri. Così, dopo il diploma da geometra e tre anni di lavoro come agente immobiliare, sono entrato in seminario». Viceparroco a Gravedona (nella diocesi di Como, come Chiavenna), don Andrea ha custodito il seme gettato da suor Mainetti e qualche settimana fa ha girato un video per mostrare le vie percorse dalla religiosa negli ultimi giorni della sua vita «per usarlo sul web e in parrocchia, per far vedere come quello che faceva non fosse eclatante, ma parte di una quotidianità che alla fine diventa totale affidamento. È questo l’esempio che ci lascia: camminare insieme tra buio e luce, senza fuggire né tornare indietro, fino al perdono. In questo la nostra comunità fa ancora molta fatica e come sacerdote mi sento chiamato ad aiutare le persone nella riconciliazione, nella fiducia».
Che sia «uno choc enorme» da metabolizzare lo conferma Chiara Lorenzini, 39 anni, sposata e mamma di tre figli, che ha avuto suor Maria Laura come maestra alle elementari. «Anche se sarà beata, in cuor mio rimane la persona semplice che ho conosciuto. Era esigente in classe, una guida nella vita: ci ha insegnato a perdonare, a non abbandonare mai Dio nei momenti difficili, a preoccuparci degli altri; in quinta ci portava nella casa di riposo per imboccare gli anziani. Pur essendo bambini, ci metteva di fronte alla realtà e ci teneva molto al rapporto con noi, anche quando finivamo la scuola. Si preoccupava delle nostre famiglie, del nostro futuro, certa che il Signore ci avrebbe guidato». Suor Maria Laura era convinta che «ognuno ha una missione: lasciare sulla terra un buon ricordo, ed è quello che ha fatto. Mi scrisse una dedica dietro a una foto: “Ti auguro, Chiara, di cantare sempre non solo con la voce ma con la vita. Riuscirai anche nell’impegno, perché se vuoi hai grinta. Ti voglio bene”. L’ho raccontato ai miei bambini e ogni sera preghiamo insieme l’Angelo custode, come lei faceva a scuola prima che tornassimo a casa».