Come padre di due figli di 19 e 17 anni e come adulto impegnato nel volontariato, mi chiedo che cosa pensino i ragazzi di questo periodo in cui, dopo una improvvisa crisi di governo, in un periodo così difficile, ci si appresta ad andare alle urne con una campagna elettorale incandescente per le polemiche, ma che mi sembra non modifichi più di tanto una certa disaffezione al voto. I miei figli non ascoltano la pagina politica dei notiziari, né seguono le pagine sulle elezioni dei quotidiani (anche online) che circolano in casa. Probabilmente il maggiore andrà a votare, ma non ne è sicuro lui stesso. CESARE
— Caro Cesare, il tema sollevato è così complesso da richiedere più spazio di quello di questa rubrica. Propongo alcune riflessioni. Le principali società di sondaggi concordano sul fatto che le prossime elezioni potrebbero battere il record di astensione dal voto, indistintamente per tutte le fasce d’età.
Tuttavia, le previsioni sulle prossime elezioni, ancor più che nel passato, sembrano indicare uno scollamento dai partiti e dalla politica maggiore per i più giovani, i ragazzi dai 18 ai 25 anni: si ritiene che il 40% di loro potrebbe non andare alle urne. Al di là del sempre utile richiamo al dovere civile di affermare la propria partecipazione tramite il voto, c’è da chiedersi come mai siano i più giovani a sentirsi così estranei al dibattito tra i partiti. La debolezza del dibattito e dell’informazione, con un’eccessiva personalizzazione sui leader e programmi scarsamente attenti alle questioni più sensibili per i giovani, come il lavoro o il cambiamento climatico, non favoriscono la partecipazione.
C’è poi il problema delle procedure di voto, che non tengono conto dei molti ragazzi che studiano o lavorano lontano da casa, quando non all’estero. Si tratta di centinaia di migliaia di ragazzi. Ci sono poi fattori di natura più profonda: i percorsi di costruzione dell’identità dei giovani tengono in considerazione più l’affermazione di sé e l’espressione delle proprie qualità che non la creazione di un contesto di “bene comune” in cui realizzare il proprio “bene personale”. E, probabilmente, l’influenza che i giovani sentono di avere sulle scelte e sui comportamenti collettivi sembra passare più dai social che non dalle forme più ordinarie della partecipazione, come ad esempio il voto. In questa direzione va il sito 20e30.org, animato da alcuni giovani che hanno interpellato i partiti sulle loro proposte rivolte al mondo giovanile e hanno ottenuto l’adesione della maggior parte delle forze politiche, sensibilizzando molti loro coetanei anche attraverso i social. C’è da augurarsi che le forze politiche rispondano in modo efficace e si pongano il problema di riavvicinarsi ai giovani, non con modalità superficiali come lo sbarco dei leader su TikTok, ma con uno sguardo più attento alle prospettive future. Quel futuro in cui vivranno (e voteranno) i ragazzi di oggi divenuti adulti