L’8 febbraio la Chiesa, ricordando santa Bakhita, suora sudanese che da bambina ha vissuto la drammatica esperienza di essere rapita e ridotta in schiavitù, invita tutti a contrastare questa terribile piaga della tratta e del traffico di esseri umani che continua ancora a mietere vittime. In questa giornata particolare, i Missionari Scalabriniani che operano in Europa e Africa terminano la loro Assemblea annuale e si uniscono alle voci e alle iniziative di quanti stigmatizzano questo “crimine contro l’umanità” che coinvolge, ogni anno, migliaia di persone ingannate, reclutate, trasferite e obbligate a lavorare e vivere in condizioni di sfruttamento e abuso.
Dal 5 all’8 febbraio, gli Scalabriniani d’Europa e Africa hanno condiviso riflessioni e proposte sul come essere nel mondo “pellegrini di speranza” – tema scelto da papa Francesco per il giubileo del 2025 e dagli Scalabriniani indicato come guida per il loro XVI Capitolo Generale (da celebrare a ottobre 2024) – al fianco di migranti e rifugiati che fanno della “speranza” la grande forza propulsiva di un cammino che, non rare volte, sfocia in “disperazione” mortale. Già San Giovanni Battista Scalabrini, nella sua lettera pastorale sul giubileo di inizio Novecento, scriveva: “Il mondo geme sotto il peso di grandi sciagure e morbi micidiali insidiano la vita e bronzi di guerra vomitano la morte e le iniquità degli uomini gridano senza posa alla divina giustizia…”.
Ancora oggi, nel mondo sono 28 milioni le persone sottoposte a lavori forzati e 22 milioni costrette in matrimoni forzati, per un totale di 50 milioni di vittime di schiavitù moderna, soprattutto donne (70%) e bambini (25%). A queste vittime non possiamo non aggiungere gli oltre 50 mila migranti morti, in questi ultimi anni, nel tentativo di realizzare quel “desiderio di speranza” che si realizza nel fuggire guerre e violenze, nel cercare opportunità, dignità e vita, e le decine di migliaia di persone ogni anno vittime vulnerabili di trafficanti di esseri umani che gestiscono, quasi indisturbati (dato che per i governi è più facile bloccare le vittime che gli aguzzini), i grandi flussi migratori irregolari (dato che i canali legali di migrazione sono sempre più esigui). I trafficanti di esseri umani privano le persone più vulnerabili dei loro diritti fondamentali e rubano i loro sogni e “aspirazioni di speranza”. Contro di loro i governi nazionali e sopranazionali, come l’Unione europea, emettono roboanti dichiarazioni di guerra “senza quartiere in ogni anglo dell’orbe terracqueo”.
In realtà, il loro obiettivo principale (se non unico) è quello di spegnere all’origine il “desiderio di speranza” di migranti e rifugiati, bloccandoli nei loro paesi di origine o chiedendo (dietro lauta ricompensa) ai complici di trafficanti dei “cosiddetti Paesi terzi sicuri” (Libia, Tunisia, Egitto, Turchia, Albania, Ruanda…) di tenerli in custodia nei loro “accoglienti” centri di detenzione. Oggi come ieri, l’unico modo per lottare e sconfiggere contrabbandieri e trafficanti non è tanto di chiedere (“obbligandoli con accordi di cooperazione”) ai paesi di partenza o di transito (magari in cambio di denaro o di mezzi militari) di bloccare migranti e rifugiati (anche in veri e propri lager) ma di stabilire percorsi per la migrazione regolare di quanti non sono ancora partiti e, anche se non di più, percorsi d’integrazione per quanti sono già arrivati e vivono nei nostri Paesi, costretti nella marginalità. In tal modo si potrebbe rispondere in maniera sensata ed efficace ai deficit demografici, alle carenze dei mercati del lavoro, alle esigenze globali di sviluppo sostenibile e cooperazione internazionale. Ecco perché l’8 febbraio si prega, ma anche si riflette e si sensibilizza e, soprattutto, si curano le ferite della nostra umanità, tra cui la tratta e il traffico di persone, accentando l’invito di San Giovanni Battista Scalabrini a “sperare senza stancarsi”.