«Finalmente è venuto fuori quanto andiamo sostenendo fin dal 2009: l’acquisto dei bombardieri F-35 non va visto come una contrapposizione tra pacifisti e militari, ma è una questione politica, che riguarda il futuro del Paese». Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, è soddisfatto di quanto sta avvenendo in Parlamento dopo la presentazione della mozione bipartisan che chiede di «cancellare la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell’aereo Joint Strike Fighter F-35».
«In un momento di così grave crisi economica, sarebbe uno schiaffo agli italiani spendere 13 miliardi di euro per l’acquisto di questi aerei a cui se ne dovrebbero aggiungere altri 52 per la loro gestione», gli fa eco Massimo Paolicelli, presidente dell’associazione Obiettori non violenti. E le possibili ricadute occupazionali? Il Governo parla di almeno 10 mila posti di lavoro che si verrebbero a creare con il programma F35.
«Sono dati falsi», taglia corto Vignarca. «La stessa Finmeccanica li stima in circa 3000». Di sicuro, finora sono stati già spesi 2 miliardi di euro per il progetto e altri 800 milioni per lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, dove gli aerei dovrebbero essere assemblati. Giunti a questo punto, si può tornare indietro? «Molti Paesi hanno avuto dei ripensamenti. Il Canada ha addirittura azzerato il programma e non ha pagato alcuna penale», aggiunge ancora Vignarca. Eppure il ministro della Difesa Mario Mauro è sembrato irremovibile. «La verità è che siamo sempre succubi degli Stati Uniti che sono i maggiori interessati affinché i Paesi Nato si dotino di questi aerei», aggiunge Paolicelli. «Gli F35 hanno un hardware che funziona in rete e sarebbe controllato dal Pentagono: altro che creare il “modello di Difesa europea”di cui tanto si parla.
Il paradosso è che lo stesso Pentagono ha espresso forti dubbi tecnici sul funzionamento di questi aerei. Eppure noi temiamo la loro reazione se decidessimo di non acquistarli». Il Pd, intanto, che si è spaccato sulla mozione presentata da Sel sta studiando una bozza di mediazione che preveda di sospendere l’acquisto per approfondire gli aspetti tecnici del progetto, in vista di una riduzione. «Se il Parlamento dovesse andare in questa direzione sarebbe un primo passo molto importante», commenta Vignarca. «Fermo restando che per noi l’obiettivo resta l’azzeramento del programma».