Cosa succede quando si invoca un santo e questo, in carne e ossa, tra lo stupore e l’incredulità di tutti, arriva? Emanuele Fant, scrittore e insegnante, si immagina che san Giovanni Bosco, chiamato da una suora, giunga in una scuola per dare una mano a una ragazzina in crisi. Di più non possiamo dire: lo potete leggere in esclusiva nel racconto Don Bosco ritorna, pubblicato sul settimanale Credere in edicola da giovedì 12 agosto 2021. I colpi di scena e l’umorismo non mancano, accompagnati da una scrittura scoppiettante e visionaria.
SE TORNASSE DON BOSCO
Emanuele ride e la voce è giovanile, più giovanile dei suoi poco più che quarant’anni: è la voce di uno che l’ha appena combinata grossa.
«Spero mi perdonino», scherza. «Insegno da sei anni lettere a Milano in una scuola salesiana e don Bosco ogni giorno fa parte della mia esistenza. Vedo i quadri sulle pareti dei corridoi, le statue che lo rappresentano e ogni volta mi dico: “Sembra un po’ lontano e ingessato: questi ritratti non gli fanno onore!”. Perché leggendo il suo diario o altri suoi scritti scopriamo una persona piena di vitalità e di iniziativa, anche sopra le righe. Esiste una vecchia canzone che ormai nessuno canta più che si intitola “Giù dai colli. Don Bosco ritorna”: durante il lockdown, quando i ragazzi stavano soffrendo tanto e in qualche modo avrei voluto dare una mano ma non sapevo cosa fare, non si poteva neppure uscire di casa, è successo questo cortocircuito e mi sono detto: ma pensa se veramente tornasse don Bosco, che cosa farebbe da educatore? Me lo sono immaginato così, una sorta di supereroe».
Un supereroe simpatico, arruato e un po’ confusionario. E, in effetti, don Bosco eccezionale doveva esserlo: si legge che già da ragazzo centinaia di persone seguissero il futuro santo per le strade di campagna per vedere quali trucchi si inventasse. «Noi educatori, e mi ci metto anch’io, facciamo spesso l’errore di presentarlo con delle frasi fatte dal sapore un po’ ottocentesco, con delle immaginette immobili, mentre in realtà era una personalità dirompente, molto affascinante per i più giovani».
L’INCONTRO CON FRATEL ETTORE
Un santo Emanuele l’ha conosciuto davvero, era il camilliano fratel Ettore Boschini, così simile a don Bosco, «un po’ pazzo, girava per Milano con la statua della Madonna sul portapacchi dell’auto, una persona a cui vuoi subito bene». Quando, da giovanissimo, Fant incontra fratel Ettore qualcosa inizia a germogliare lentamente, qualcosa che negli anni diventata la fede: contestatario e musicista in un gruppo punk, conosce chi contesta sporcandosi le mani tra i dimenticati, i barboni, i poveri di una Milano che si tende a non guardare. Proprio a fratel Ettore Emanuele dedica il suo libro La mia prima fine del mondo (Monti) e ne parla ancora nel libro L’invadente. Fratel Ettore, la virtù degli estremi (San Paolo)
RIFLETTORI SUI GIOVANI
Nel racconto per Credere Emanuele vuole anche puntare i riflettori sui giovani, che hanno sofferto, talora in maniera pesante, la solitudine e l’isolamento durante il lockdown.
«Se ne è parlato troppo poco: ho avuto a che fare con casi davvero gravi. Perché la pandemia ha costretto in casa anche gli adolescenti: è innaturale a quell’età stare chiusi in casa con i propri genitori. Ho anche visto cose stupende: per esempio l’entusiasmo del ritorno a scuola, il non vedere l’ora di entrare in classe, cose che mai mi sarei aspettato nella vita».
Emanuele, padre di Michele, 11 anni, e di Clara, 9 anni, ha vissuto giorno dopo giorno anche come insegnante la didattica a distanza: «All’inizio siamo riusciti a creare delle belle dinamiche e abbiamo anche sperimentato molto: sembrava a tutti un’avventura che sarebbe durata poco. Poi, con le nuove chiusure, sono mancati la fiducia e l’entusiasmo: è stato troppo, sia i ragazzi che gli insegnanti si guardavano nei video dei computer, non si sapeva più cosa dire. Ci siamo resi conto, può sembrare una banalità, che è la relazione che fa la scuola, molto più dei contenuti». Sentire parlare Emanuele carica di ottimismo e di energia buona: soprattutto quando parla dei suoi studenti e dei suoi progetti. La voce si fa entusiasta: «Ne ho tantissimi. Il più bello è che a Saronno, dove abito, stiamo aprendo uno spazio per i ragazzi che si chiama Ufo (è Urgente forzare l’orizzonte): è nato prima della pandemia e durante il lockdown ci siamo accorti che era proprio necessario forzarlo questo orizzonte! Si tratta di un luogo dedicato a tutti i ragazzi delle superiori, innanzitutto per stare insieme, perché recuperino questa possibilità, tra loro, fuori di casa e senza genitori. E poi sarà un luogo dove fare cose: quindi studio insieme, laboratori di teatro, danza, musica e tutto quello che pian piano riusciremo a organizzare».
UN PROGETTO “PERICOLOSO”
Per quanto riguarda la scrittura? «Sto scrivendo il testo per uno spettacolo teatrale a partire dalla figura di Joker (il clown nemico di Batman, ndr). Si parlerà della “dittatura della felicità”: sarà uno spettacolo un po’ provocatorio in cui Joker punzecchierà il pubblico sul fatto che la felicità non può essere l’unico nostro valore, perché alla fine è un valore egoistico. Debutteremo la prossima stagione. Sarà uno spettacolo molto pericoloso per gli spettatori!».
Fant si ferma un attimo e poi dice, ridendo: «Certo che l’estate dei professori tutto sommato può essere piena di progetti!».
(Nella foto in alto: Emanuele Fant al Salone del Libro di Torino nel 2019)