«La musica è il più grande ornamento di una chiesa» (Igor Stravinski)
Chi entra qui deve attraversare la navata, arrivare fino alla pedana di legno dell’altare e poi voltarsi verso sinistra per vedermi. Abito in questo paesino francese da cento anni. Ricordo i due che lavoravano cemento e ferro per farmi stare ben salda sul muro. Erano gentili. Quello più giovane ogni tanto doveva fermarsi. Il pianto lo bloccava. Era un ragazzo e non riusciva a sopportare di vedere il nome di suo fratello brillare d’oro sopra di me. L’altro allora gli faceva forza, si avvicinava e lo ascoltava, anche se lui ripeteva sempre le stesse frasi. Chiamava quel nome e, mentre lo faceva, sentivo che con le dita mi toccava. Joseph, diceva, Jojo. Raccontava che era più grande, che era forte e che prima di andare via gli aveva lasciato la sua cintura. Poi taceva e allora l’altro lasciava che si calmasse, prima di riprendere il lavoro. Parlare degli assenti aiuta chi rimane, il conforto trova spazio nei dettagli. Era la prima volta che sentivo quella lingua e forse fu proprio grazie al fatto che quel giovane ripeteva le stesse parole che riuscii a capirlo...