Sabbia: si intitola così il racconto scritto da Mariapia Veladiano in esclusiva per i lettori di Credere che viene pubblicato sul numero in edicola da giovedì 22 luglio 2021. «Ho attinto dal mio immaginario scolastico», racconta l’autrice, «capita a tutti gli insegnanti di trovarsi di fronte uno studente che non si riesce ad agganciare fino in fondo. Sta lì, è educato, segue, è carino, ma non riesci a capirlo e sai che ha qualcosa da comunicarti. È una sensazione di impotenza con cui l’insegnante deve fare spesso i conti: la strada è sempre l’empatia e un atteggiamento non giudicante». È sul treno la scrittrice Mariapia Veladiano. Quando la chiamo ha appena lasciato la sua Vicenza per un impegno di lavoro a Torino. La voce dolce è forte e chiara: il treno ad alta velocità è silenzioso, potremmo esse - re una di fronte all’altra a chiacchierare. «Forse si torna alla normalità», mi dice con un sospiro, «sempre con tanta prudenza. E viaggiare in treno è un inizio». A fine gennaio è uscito il suo nuovo romanzo, Adesso che sei qui (Guanda), in cui si parla di cosa significhi essere una famiglia. Un gruppo di parenti e amici si lega sempre di più nella cura di una tenera zia, che inizia a manifestare i primi segni di Alzheimer. «Il libro doveva uscire lo scorso anno: era già pronto prima della pandemia. A settembre uscirà un saggio, Oggi c’è scuola (Solferino), che parlerà della ripartenza scolastica e poi, più avanti, arriveranno dei racconti. Ma quest’anno è stato duro anche per me, con tanti progetti cancellati, come è successo un po’ a tutti».
Il privilegio della cultura
Mariapia Veladiano è una donna riservata che ha scelto di non parlare del suo privato, «ma non sono reticente!», esclama ridendo, e racconta di quando, ragazzina, nata in campagna da genitori contadini, scelse di iscriversi al Liceo classico. «I miei genitori erano aperti a tutto ma nella nostra famiglia non c’era una tradizione di cultura: desideravano però profondamente che noi figli studiassimo. Pensavano a ragioneria, ma durante il primo anno gli insegnanti consigliarono di iscrivermi al classico. I miei accettarono. Il loro primo “no” al liceo era stato pratico, senza cattiveria. Un liceo non era nel loro orizzonte, semplicemente. La mia mamma, che aveva la licenza elementare, era una lettrice accanita: la casa era piena di romanzi. Ma leggeva di nascosto, di notte, terminata ogni incombenza, o la mattina prestissimo, quando tutti dormivano: per quegli anni, in campagna, una donna lettrice era inusuale, sarebbe stata considerata una che perdeva tempo».
Mariapia Veladiano parla con tenerezza dei genitori, che compresero solo più avanti la sua scelta di laurearsi in Teologia e poi in Filosofia. «Per me fu una cosa folgorante. Dopo la maturità ho frequentato un corso estivo di teologia a Santa Cristina di Val Gardena organizzato dai Gesuiti per i maturati. Li chiamavano “corsi di maturità teologica”: nel programma, oltre le escursioni in montagna, c’erano momenti di approfondimento della Bibbia con teologi di prim’ordine… Mi si è aperto un nuovo orizzonte, ben diverso da quello del catechismo della campagna veneta di quei tempi. Sono scesa da quei monti annunciando che avrei fatto Teologia». La sua strada le è chiara dopo le due lauree: «Volevo scrivere, non proseguire in università. Ho insegnato Lettere per quasi trent’anni in un istituto tecnico e mi piaceva. Nel frattempo ho sempre scritto ma senza pubblicare, avevo il timore di espormi. Poi, undici anni fa, è cominciata l’avventura (con il romanzo pluripremiato La vita accanto, Einaudi, ndr), tardi, tutto sommato».
L’umanità è parte di noi
La scrittura è, per Mariapia, una chiave per interpretare il mondo: «È come se le vite di chi incontro mi rimangano dentro: moltissime delle cose che scrivo ne sono gli echi, ma i personaggi che creo non sono reali, sono l’insieme delle suggestioni che mi arrivano, non ci sono persone riconoscibili, mi sembrerebbe di rubare le loro vite, non ne sarei capace. La scrittura e la lettura danno la possibilità di entrare in mondi diversi, di sentire qualsiasi aspetto dell’umanità come parte di noi. Ed è fondamentale essere ancorati alla nostra comune umanità. Ricordo quello che diceva il gesuita Silvano Fausti: un buon libro è quello in cui il lettore si riconosce in ogni personaggio e citava sempre I promessi sposi di Manzoni. Ti senti un po’ vigliacco come don Abbondio, un po’ impetuoso come fra Cristoforo, un po’ santo come il cardinale Borromeo, un po’ marpione come Renzo, un po’ furbetto come Agnese… Gli piaceva molto questo elenco. Diceva che un buon romanzo ti fa diventare più amico dell’umanità: e ne abbiamo tanto bisogno»
Giovani in un mondo fragile
Da due anni Veladiano ha lasciato la scuola per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura: non ha vissuto in prima persona la didattica a distanza che ha messo a dura prova gli insegnanti, le famiglie e gli studenti. «I genitori sono sempre più spesso lasciati soli: è un discorso che parte da lontano. Riversano sulla scuola le loro incertezze e si aspettano tutte le risposte. La pandemia non ha fatto che accelerare dei fenomeni già in atto: uno di questi è la fragilità del mondo adulto. A partire dai primi anni del Duemila abbiamo avuto a che fare con degli adulti con una paura pazzesca nei riguardi dei figli, perché non c’è fiducia nel futuro: questa è la ragione vera per cui non si fanno figli. Spesso i genitori hanno attribuito alla scuola una funzione protettiva, non educativa, hanno chiesto la protezione che loro non potevano dare, pretendendo tutto: l’eccellenza, i voti alti, ribellandosi poi agli insuccessi, come se ciò che può compensare la mancanza di fiducia nel futuro sia una protezione che derivi dall’avere titoli e voti alti. In realtà l’unica protezione possibile è ottenere che i ragazzi siano in grado di far fronte alle difficoltà della vita, quali che siano. Sarà da vedere come risponderanno i ragazzi a questa nuova consapevolezza, quella di vivere in un mondo fragile».
(In alto nella foto Ansa: Mariapia Veladiano al Premio Strega a Roma nel luglio 2011)
Chi è
Mariapia Veladiano ha esordito come scrittrice nel 2010 con il romanzo La vita accanto, pubblicato da Einaudi, che ha vinto il Premio Calvino e si è classificato al secondo posto al Premio Strega. Nata 61 anni fa in provincia di Vicenza, si è laureata in Teologia e Filosofia ed è mamma di un figlio oramai grande. Per 39 anni ha lavorato nelle scuole: prima come insegnante di Lettere e poi come preside. Nel 2012 ha tenuto su Avvenire la rubrica Mattutini. Ha pubblicato anche Il tempo è un dio breve (2013), Una storia quasi perfetta (2016), Lei (2017) e Adesso che sei qui (2021). Con l’ultimo romanzo ha vinto il premio Ennio Flaiano.