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domenica 13 ottobre 2024
 
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I ragazzi autistici hanno bisogno di amicizia

02/04/2015  «La vita mi è totalmente cambiata: adesso dico in meglio ma non è stato un passaggio semplice». Così racconta Franco Antonello, papà di Andrea, il ragazzo autistico che ha scritto il romanzo "Baci a tutti".

«Sono fiero di noi autistici disgraziati brillanti dedico a noi questo libro alla faccia di chi ci vede stupidi ritardati invece siamo diversi disegni di un unica opera». Anche se la punteggiatura scricchiola, così Andrea Antonello, vent'anni, autistico da quindici, già protagonista del bestseller di Fulvio Ervas Se ti abbraccio non avere paura, accoglie i “terrestri” nel suo mondo tutto in salita, fatto di castelli di sabbia, equilibri incerti e a tratti impercorribile. Un mondo che cerca di comunicarci, a modo suo, attraverso la scrittura facilitata, nel libro, da poco uscito e scritto di suo pugno, (Baci a tutti) Sperling & Kupfer,237 pagine, 15.90 euro).

Un modo per riflettere in vista del 2 aprile, giornata mondiale sull'autismo: quattrocento mila in Italia, uno ogni ottantotto nuovi nati.

- Franco, come è nato questo libro e quali obiettivi si prefigge?

«Il libro ce l'avevamo in mente da un po' ed è completamente scritto da mio figlio Andrea. E proprio per questo è divertente come un romanzo, commovente, spiazzante. Fa capire cosa c'è dentro la mente autistica. Andrea non parla ma vuole comunicare e ci riesce solo via computer. Questo libro raccoglie, con l'ausilio della scrittura facilitata, tutto quello che ci ha comunicato in dieci anni».

- Qual è il capitolo che più l'ha emozionata?

«Quello sull'amicizia con Roberta. Ai ragazzi autistici vengono somministrate medicine quando invece hanno bisogno di amicizia, di calore. Non devono essere considerati dei malati: sono coscienti di tutto quello che accade intorno a loro anche se sembrano provenire da un altro mondo. Andrea scrive di futuro, sesso, autismo, amicizia con una profondità di pensiero fuori dal comune. Chi non comunica attiva di più altri sensi, come accade per i ciechi. Andrea a un certo punto del libro scrive: "Vedo le parole e non riesco a dirle”. Siamo noi che non riusciamo a capirli e li ammazziamo imbottendoli di psicofarmaci e rinchiudendoli nei centri».

- Cosa significa essere padre ieri di un bambino oggi di un ragazzo autistico?

«La vita mi è totalmente cambiata: adesso dico in meglio ma non è stato un passaggio semplice. All'inizio, quando la società di fa pesare di avere un figlio con dei problemi, si prova quasi vergogna. Poi capisci che quello che poteva essere vissuto come un deficit è in realtà un valore aggiunto che dà un senso più profondo alla vita. Io ci ho messo dieci anni per decidere di ripartire: mi sono allontanato dall'Italia, ho viaggiato in lungo e in largo per cercare delle soluzioni, mi sono disperato. Nel 2005 ho lasciato l'azienda in mano ai miei collaboratori per seguire mio figlio e ho creato una fondazione (www.ibambinidellefate.it) con lo scopo di investire i contributi di privati e imprenditori in progetti a sostegno di questi bambini. Anche la scuola dovrebbe fare la sua parte inserendo nel programma l'educazione sociale».

Andrea Antonello con il papà Franco
Andrea Antonello con il papà Franco

- Quali sono le terapie più efficaci oggi?

«L'autismo colpisce i bambini in maniera diversa: è difficile trovare una linea comune. Non tutti riescono a scrivere con la scrittura facilitata. Al contrario il metodo americano aba (analisi applicata del comportamento, ndr), funziona per tutti. Aba è un metodo educativo altamente individualizzato volto a interpretare il comportamento, modificarlo e stimolare l'acquisizione di competenze utili. Si ricorre anche all'Arteterapia, una tecnica riabilitativa per migliorare le capacità relazionali: i vari progetti spaziano dalla musica alla letteratura agli sport. Andrea farà una mostra di quadri dipinti da lui».

 - Pensa di essere un buon padre?


 «Me lo domando tante volte ma non credo. È Andrea che me lo fa capire con i morsi, i baci, gli abbracci e i sorrisi immensi pieni d'amore».

 - Quando ha sentito di toccare il fondo?

«Quando mi comunicarono che mio figlio era autistico. Fu un uragano a ciel sereno. Stavo tornando a Castelfranco Veneto da Siena. Presi a pugni l'auto fino a sfasciarla. Sanguinavo dappertutto. Urlavo. Piangevo. La luce arriverà solo se Andrea riuscirà a vivere un po' in autonomia questo mondo».

 - Cos'è la felicità?


 «Questa avventura che sto vivendo insieme a mio figlio e che mi sta dando tantissimo sul piano umano. Credo di essere ottimista e felice perché mi piace tutto quello che faccio, per noi e per gli altri ragazzi. Da genitore, un solo pensiero mi distrugge: cosa sarà di Andrea quando io non ci sarò più. Il sogno di ogni genitore è terminare la vita con il proprio figlio».

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Gli Antonello, un papà e un figlio che non si dimenticano
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