“Le lacrime tardive le lascino ai coccodrilli”. Non ha lasciato spazio a fraintendimenti la nota dei Direttori degli Uffici Migrantes della Conferenza Episcopale Triveneta. “Qui non si tratta di una battuta fatta in un circolo ristretto, qui a insultare la ministra Kyenge sono stati il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, e l'assessore ai flussi migratori della Regione Veneto, Daniele Stival, persone che ricoprono alti ruoli istituzionali", dice monsignor Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, e delegato Cet per Migrantes. "Ma denigrare qualcuno perché non è di proprio gradimento o perché non è sulla stessa linea politica o perché ha un altro colore della pelle, squalifica semplicemente chi usa quei toni. C'è solo da vergognarsi di avere questi rappresentanti. Ma rappresentanti di chi? A nome di chi parlano? Ci sono già abbastanza tensioni, il nostro è un tessuto sociale che necessita di riconciliazione non di alimentare la conflittualità. E' molto più ragionevole e utile usare linguaggi che favoriscano percorsi di integrazione. E poi non dimentichiamo che abbiamo sofferto tanto anche noi all'estero. Dobbiamo proprio far provare questa sofferenza anche agli altri?”.
- Nel vostro messaggio, avere dichiarato che è ormai urgente formulare una legge che riconosca il diritto di cittadinanza a chi è nato in Italia.
“Come Vescovi pensiamo che non sia più ammissibile che un bambino, nato qui, che conosce la nostra lingua, sta studiando la nostra storia, debba aspettare la maggiore età per poter chiedere di essere cittadino italiano. Ci sono figli di nostri emigrati all'estero che hanno diritto di cittadinanza perché magari il loro nonno o bisnonno era italiano. Mi sembra un paradosso che si possa far dipendere il diritto di cittadinanza dal fatto di avere come antenati cittadini italiani vissuti nel 1800 e poi si neghi lo stesso diritto a chi è nato qui, pochi anni fa. E, a dire la verità, lo ritengo pure controproducente, perché comunque queste persone vivono qui, c'è che studia e chi lavora, l'assistenza sanitaria devono averla, ogni tre anni devono fare richiesta di permesso di soggiorno, tutte complicazioni inutili anche per lo Stato. E' tempo di superare vedute corte e barriere ideologiche. Non sarà un percorso facile, non è che una persona che sbarca nelle nostre coste, diventa in automatico cittadino italiano. Non è questo il senso. Ma la modalità dell'approccio deve cambiare, per dare un respiro regolare, per rendere questo Paese più vivibile e anche per poterlo gestire meglio”.
I Vescovi, infine, invitano a guardare allo stile di papa Francesco. “Crediamo che lo stile che ci sta offrendo papa Francesco in genere e, in particolare, verso gli immigrati nella sua recente visita a Lampedusa, dove ha anche ricordato le migliaia di persone morte in mare nel tentativo e nella speranza di cercare un'alternativa di vita migliore per sé e per le loro famiglie, ci indichi una via ben diversa. Invitiamo, dunque, a ricordare il suo appello per il rispetto e la responsabilità verso i migranti che, proprio nella stagione estiva, arriveranno ancora sulle coste italiane”.