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lunedì 10 febbraio 2025
 
 

Il bello di essere famiglie cristiane

30/09/2015  A rovereto sono impegnati in diocesi e in parrocchia. «A Roma porteremo la bellezza e la semplicità della nostra vita, quelle che il Papa ha raccontato nelle sue catechesi»

Non parteciperanno solo per sé stessi, ma anche per tutta quella rete di amici e conoscenti che hanno affidato loro speranze e difficoltà. I coniugi Marco Matassoni e Lucia Zecchini, una delle due coppie italiane uditrici al Sinodo, hanno fatto tesoro delle catechesi del Papa sulla famiglia, hanno studiato l’Instrumentum laboris ma, soprattutto, portano l’esperienza della loro vita insieme. A casa, a Rovereto, grazie al supporto di amici e parenti, lasciano tre dei quattro figli: Daniele, Veronica e Alessandro (14, 13 e 11 anni), mentre Sara, 17 anni è già volata al di là dell’Oceano per frequentare in Perù il quarto anno di scuola superiore.

«Siamo una famiglia normale», spiega Marco Matassoni, 48 anni, ricercatore Fbk. «La Segreteria del Sinodo ci ha contattati per chiederci questo impegno e abbiamo detto di sì, ma non ci sentiamo particolarmente esperti, portiamo la nostra esperienza concreta», aggiunge Lucia, biologa e attualmente assistente spirituale laica di una Residenza sanitaria assistita.

Attivi nella parrocchia di San Marco, referenti della zona pastorale della Vallagarina nella Commissione diocesana famiglia e responsabili dell’ambito di formazione per genitori e sposi nella Consulta del Centro di pastorale familiare della diocesi di Trento, Marco e Lucia arrivano a Roma «soprattutto per ascoltare, ma anche per raccontare quello che siamo, nella semplicità di una famiglia che, ripetiamo, è una famiglia normale, come quelle che il Papa ha raccontato nelle sue catechesi». I coniugi partono proprio da qui, dalle parole di Francesco e dal suo «ripresentare la ricchezza della famiglia, via della Chiesa, con questo linguaggio molto accessibile che permette di toccare con mano quali sono gli elementi importanti della famiglia. Il suo parlare per aneddoti, raccontando anche le sue esperienze personali, ripropone il Magistero in modo da far sentire la vicinanza della Chiesa e da far riscoprire la bellezza dello stare insieme, della responsabilità come genitori, dell’essere inseriti in una storia più grande».

E allora «anche le fragilità, le difficoltà vengono accompagnate. Ci si sente meno soli. Ogni famiglia sperimenta nella propria vita – chi più, chi meno – delle difficoltà ed è fondamentale essere inseriti in un contesto dove la famiglia non è un’isola staccata dal resto. Noi siamo contenti di partecipare al Sinodo», sottolineano entrambi, «ma lo possiamo fare perché abbiamo una rete grande di familiari e di amici che ci consentono non solo adesso di partecipare alle tre settimane del Sinodo ma anche, quando siamo a casa, di andare agli incontri, di impegnarci in diocesi. Tanti altri papà e mamme probabilmente potrebbero portare un’esperienza anche più interessante della nostra o vorrebbero impegnarsi in parrocchia, in diocesi, ma non hanno concretamente la possibilità di organizzarsi. La vicinanza degli altri è fondamentale».

E Lucia racconta che, quando è uscita la notizia della loro partecipazione, «ci hanno chiamati in tantissimi per dare la loro disponibilità a occuparsi dei ragazzi, per chiedere di cosa avevamo bisogno per poter stare queste tre settimane a Roma. E poi ci hanno raggiunti anche per e-mail, per Sms, si sono fatti prossimi in tanti modi anche per dirci di “portarli” con noi. Ed è quello che facciamo: portiamo con noi i tanti volti, le tante storie, le tante gioie e sofferenze che fanno parte del nostro tessuto. La nostra esperienza qui è una condivisione con tante altre famiglie con le quali siamo vicini. Abbiamo toccato con mano la forza delle relazioni che in questi anni abbiamo intessuto».

Ed è questo che Lucia e Marco vogliono testimoniare: «Che è bello essere oggi famiglia e, soprattutto, essere una famiglia cristiana. Ci siamo conosciuti in oratorio, innamorati a Czestochowa alla Gmg, siamo sposati da 18 anni e possiamo dire, perché lo abbiamo sperimentato, che siamo in grado di camminare, pur nelle difficoltà, perché abbiamo questa forza che ci viene dal sacramento».

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