Emanuele si avvicina al microfono posizionato davanti al palchetto dove c’è papa Francesco. Si sforza di parlare, respira profondamente, poi si porta le mani al volto e scoppia a piangere. Proprio non ce la fa a fare al Papa la domanda che aveva preparato. Si capisce che non è questione di timidezza. Quel bimbo ha un macigno nel cuore. Francesco lo chiama a sé: «Vieni, dimmi la domanda all’orecchio». Il bimbo si avvicina, lo abbraccia e comincia a parlare con il Pontefice. Poi, in lacrime, torna al suo posto. E Francesco: «Ho chiesto a Emanuele se posso dirvi quello che mi voleva chiedere. Voleva sapere se suo papà, che è morto da poco, adesso si trova all’inferno o in paradiso. Quel papà non aveva il dono della fede ma ha fatto battezzare i suoi figli, questo a Dio è piaciuto tanto».
Ancora uuna periferia di Roma per papa Francesco. Stavolta è in visita alla parrocchia di San Paolo della Croce al Corviale, zona ovest della Capitale. È il secondo Pontefice che visita questa comunità dopo Giovanni Paolo II nel 1992. Qui lo chiamano il “Serpentone”, una costruzione imponente di nove piani, lunga un chilometro, che racchiude dentro di sé praticamente un intero quartiere. Costruita tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 la struttura è formata da due edifici uniti tra loro da un ponte e conta al suo interno 1.200 appartamenti nei quali vivono più di seimila persone, la maggior parte anziani, spesso intrappolati ai piani alti quando gli ascensori si bloccano e non funzionano. Da molti è considerato un dormitorio degradato e pericoloso. «La bruttezza della struttura architettonica inevitabilmente crea un pregiudizio sulle persone che ci abitano», dice don Gabriele Petreni, sacerdote della Fraternità dell’Incarnazione ospitata in parrocchia che aggrega e fa da collante. I sacerdoti hanno scelto di abitare nel primo lotto al quarto piano, dove ci sono le famiglie che hanno occupato abusivamente gli appartamenti, lì c'è un monastero con una cappella.
«Anche i mafiosi sono figli di Dio ma preferiscono comportarsi come figli del diavolo»
Il Papa arriva poco prima delle 16 e percorre in auto tutta via Poggio Verde, costeggiando il chilometro del Serpentone. Alcuni residenti hanno affisso striscioni di benvenuto. Francesco incontra i bambini del catechismo, poi gli anziani, gli ammalati e i poveri. Si ferma per un colloquio a porte chiuse con alcuni detenuti e dopo avere confessato alcuni parrocchiani, presiede la Messa. A una bambina dice: «Tutti siamo figli di Dio, tutti, anche i non battezzati, sì, anche quelli che credono in altre religioni, o che hanno idoli. Anche i mafiosi sono figli di Dio ma preferiscono comportarsi come figli del diavolo». Tutti sono «figli di Dio, Dio ha creato e ha amato tutti e ha messo a tutti nel cuore la coscienza di distinguere il bene dal male. Con il battesimo è entrato lo Spirito Santo e ha rafforzato la tua appartenenza a Dio». Anche i mafiosi «sono figli di Dio, dobbiamo pregare perché tornino e riconoscano Dio. Chi di voi - chiede ai bambini - prega per i mafiosi perché si convertano? Bisogna pregare».
Il dialogo con Emanuele fa commuovere tutti: «Magari potessimo piangere come Emanuele quando abbiamo un dolore nel cuore», commenta il Papa. «Piange per il suo papà che è venuto a mancare e ha avuto il coraggio di farlo davanti a noi perché c'è amore nel suo cuore il papà era ateo ma ha fatto battezzare i quattro figli, era un uomo bravo. È bello che un figlio dica del suo papà "era bravo”. Se quell'uomo è stato capace di fare figli così era un uomo bravo. Dio è fiero del tuo papà». Francesco aggiunge: «Dio ha un cuore di papà, tuo papà era un brav'uomo, è in cielo con Lui, stai sicuro. Dio ha un cuore di papà e davanti a un papà non credente che è stato capace di battezzare i suoi bambini, Dio sarebbe capace di abbandonarlo? Dio sicuramente era fiero di tuo papà, perché è più facile essere credente e far battezzare i figli che non essere credente e far battezzare i figli. Prega per tuo papà, parla con tuo papà. Questa è la risposta».
Agli anziani, malati e poveri Francesco ricorda che le persone più bisognose «sono al centro del Vangelo». E aggiunge: «So che ognuno di voi ha il proprio dolore, tutti: ma che questo non vi tolga la speranza - è il suoi auspicio - e non vi tolga la gioia, perché Gesù è venuto a pagare per tutti noi con i suoi dolori».
«Il peccato invecchia e rende duro il cuore. Gesù Risorto ci ringiovanisce»
Francesco conclude il lungo pomeriggio al Corviale con la Messa celebrata insieme al parroco, don Roberto Cassano, i sacerdoti della comunità, monsignor Angelo de Donatis, vicario generale della diocesi di Roma e monsignor Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare per il settore ovest.
Nella breve omelia a braccio, il Pontefice si sofferma sul Vangelo del giorno che racconta l’apparizione di Gesù Risorto ai discepoli: «I discepoli», dice, «sapevano che Gesù era risorto, però preferivano avere quella verità nella mente, è meno pericoloso avere una verità nella mente che averla nel cuore». Poi sottolinea: «Il peccato invecchia il cuore, lo rende duro, stanco. Non perdiamo la fede in Cristo Risorto, Lui ci rinnova, ci ringiovanisce». E conclude: «Chiediamo al Signore la grazia che la gioia non ci impedisca di credere, la grazia di toccare Gesù risorto, toccarlo nell’incontro con la preghiera, nell’incontro nei sacramenti, nell’incontro con il suo perdono che è la rinnovata giovinezza della Chiesa, nell’incontro con gli ammalati, quando andiamo a trovarli, con i carcerati, con quelli che sono i più bisognosi, con i bambini, con gli anziani».