Alessandro Orsini
Quarantasette morti e 129 feriti in otto giorni. È questo il bilancio provvisorio dei violenti scontro armati che stanno insanguinando la Libia. Si combatte alla periferia di Tripli, dove stanno avanzando gli uomini della 7a Brigata e altri miliziani, rivali del governo presieduto dal premier Sarraj. Sarraj, sostenuto dall’Italia e dall’ONU, resta in una posizione di estrema debolezza. Di fatto in Libia ci sono due governi: uno è quello guidato a Tripoli da Sarraj. L’altro è quello del generale Khalifa Haftar, comandante della Cirenaica. Dietro le milizie che stanno marciando verso Tripoli ci sarebbe proprio la volontà del generale Haftar di prendere il controllo di tutta la Libia e non più solo la parte Est.
“Quanto sta accadendo in Libia è una sconfitta per la politica estera italiana”, spiega Alessandro Orsini, docente di Sociologia del Terrorismo all’Università LUISS di Roma e direttore del sito Sicurezza Internazionale della Luiss.
-Professor Orsini, perché in Libia si è arrivati a questo punto?
“Per almeno tre ragioni. Primo: l’Italia non è stata capace di sostenere in modo adeguato Sarraj e il governo di Tripoli. Secondo: i Paesi che sostengono il governo di Tobruk in Cirenaica, cioè Francia, Russia ed Egitto, hanno agito molto meglio di noi con il peso della loro forza e la loro compattezza in favore del generale Haftar. Terzo: gli Stati Uniti, con Trump, hanno abbandonato la Libia al suo destino. Obama sosteneva l’Italia nel suo impegno in Libia e, ad esempio, si lamentò molto del comportamento inadeguato della Francia e dell’Inghilterra. Trump, invece, come disse in occasione di un incontro con Gentiloni alla Casa Bianca, non ritiene che la Libia sia una priorità strategica degli americani”.
Perché l’Italia ha fallito in Libia?
“Prima di tutto per un fattore culturale. La classe politica italiana, con poche eccezioni eccellenti, è sempre concentrata sulla politica interna e non è sufficientemente attrezzata per comprendere la politica internazionale, soprattutto quanto si svolge fuori dall’Europa. I ministri che capiscono la gravità di quello che accade sono poco sostenuti e non vengono sostenuti con risorse adeguate. Poi l’Italia non sa gestire le sue ambizioni di potenza regionale. L’Italia, ad esempio, sta rinviando l’acquisto degli aerei F-35, ma in un Mediterraneo in fiamme non puoi non essere forte e mostrarti tale. Le armi, lo dico da pacifista, ti servono non per usarle, ma per non farti attaccare. Ricordo che un anno fa il generale Haftar disse che era pronto a sparare contro gli italiani. Lo disse perché sa che siamo deboli, non avrebbe mai usato quelle parole contro la Francia o il Regno Unito”.
A questo punto che cosa potrà accadere?
Non sono molto ottimista circa il miglioramento della posizione italiana. Senza un impegno diretto di Trump, l’Italia difficilmente recupererà il terreno perso, soprattutto se prevarrà una dinamica militare. In tal caso, la Libia, salvo colpi di scena, dovrebbe scivolare sempre di più sotto il controllo di Francia ed Egitto