«La legalizzazione delle sostanze stupefacenti non è mai una soluzione efficace né per ridurre i consumi di droga né per ridurre gli introiti delle mafie»: ecco, di seguito, la lettera che Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento antidroghe della presidenza del Consiglio dei ministri, ha scritto a Famiglia Cristiana, inserendosi nel confronto fra Roberto Saviano e don Antonio Mazzi sulla quesione della legalizzazione.
Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento antidroghe della presidenza del Consiglio dei ministri.
Caro direttore,
ho letto con interesse l’articolo pubblicato sulla versione telematica del suo settimanale dal titolo “La polvere bianca che domina il mondo” a firma di Paolo Perazzolo e devo dire che, don Antonio Mazzi, con il quale sono perfettamente d’accordo, “la vede lunga”.
La legalizzazione delle sostanze stupefacenti non è mai una soluzione efficace né per ridurre i consumi di droga né per ridurre gli introiti delle mafie.
La vera radice che sta alla base della domanda di droghe e che sostiene l’offerta sta proprio insita all’interno di una grossa carenza educativa che parte con la crisi dei valori della famiglia, ma anche delle istituzioni stesse. Oltre a questo vi sono ragioni neurobiologiche individuali e fattori ambientali che possono fortemente condizionare il comportamento umano, ma che sappiamo possono essere ben controllate dall’approccio educativo e dalle cure parentali.
Riconoscere questo vuol dire creare investimenti culturali, programmatori e strutturati per proteggere e promuovere ciò che di più importante e sacro abbiamo nella nostra società: la persona e in particolare i nostri giovani.
La legalizzazione della cocaina porterebbe con sé l’effetto, soprattutto nei nostri ragazzi, di ammettere e accettare istituzionalmente il “male” e nello stesso tempo fa percepire loro un comportamento e un atteggiamento delle istituzioni, devastante per la salute fisica, mentale oltre che spirituale (se di salute si può parlare), che uno Stato che ha cuore i propri cittadini, non può giustamente accettare.
Tutto questo, in un contesto non solo nazionale, ma ormai europeo e mondiale dove i consumi di sostanze stupefacenti e la cocaina in particolare, stanno calando (cosi come risulta da studi internazionali in materia che anche questo DPA ha eseguito).
La sfida quindi si può vincere senza dover accettare “il male”, neppure il concetto del "male minore", ma valorizzando promuovendo e sostenendo concretamente interventi educativi sempre più precoci nella famiglia e nella scuola.
Il contrasto delle organizzazioni criminali, come ci ha ricordato il giudice Falcone in tante occasioni, può efficacemente avvenire agendo contestualmente su due fronti.
Il primo, a cui non dobbiamo mai rinunciare è quello dell’educazione alla legalità e alla consapevolezza che chi consuma droga finanzia le mafie e il secondo quello del contrasto concentrandosi soprattutto sul tracciare gli ingenti flussi finanziari illegali che queste organizzazioni criminali generano. Queste grandi quantità di denaro lasciano sempre una scia tracciabile che è nostro dovere, anche per evitare l'inquinamento dell'economia sana e legale, perseguire.
L’illusione di poter vincere le mafie attraverso la legalizzazione con una operazione ”chirurgica” è una seducente quanto illusoria idea che purtroppo non trova nessun riscontro scientifico di efficacia e sicurezza in nessuna realtà e in nessun contesto mondiale. Lo riconoscono esplicitamente sia l'Unione Europea sia le Nazioni Unite.
Vorrei solo ricordare che le due sostanze psicoattive più diffuse al
mondo e che generano il più alto numero di persone dipendenti oltre che
di morte correlate al loro uso sono proprio le due sostanze più
legalizzate al mondo e cioè l’alcol e il tabacco.
Questa semplice quanto banale osservazione ci deve far riflettere
profondamente, perché spesso sono proprio le ovvietà che abbiamo sotto
gli occhi tutti i giorni che ci fanno riconoscere le corrette e
migliori, non che sostenibili, soluzioni ai problemi.
Rispettiamo quindi le idee di tutti e i diversi impegni e contributi
delle varie persone danno alla lotta alla droga, come anche quelle di
Saviano, ma non possiamo dimenticare che il compito di uno Stato è
quello sicuramente di assicurare legalità e di combattere il crimine, ma
senza far pagare le conseguenze delle proprie scelte alla salute dei
propri cittadini soprattutto a quelli più vulnerabili, con interventi
che inevitabilmente comprometterebbero il loro stato generale di salute.
Oggi abbiamo i mezzi tecnologici, la volontà e l’ispirazione giusta per
poter intraprendere e sostenere nuove forme di contrasto,
parallelamente a interventi educativi e valoriali che sono in grado nel
medio e lungo termine di portare la nostra comunità verso traguardi
virtuosi che non ci facciano mai perdere la speranza di poter vivere in
un mondo libero da tutte le droghe e da tutte le mafie.
Giovanni Serpelloni
Capo del Dipartimento politiche antidroga
presidenza del Consiglio dei ministri