Aveva intuito che per comunicare dobbiamo usare non solo l’idea ma anche l’immagine. Questo fa di Dante uno straordinario precursore della multimedialità. Lo spiega il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, nell’intervista a commento della lettera di papa Francesco, Candor Lucis æternæ, dedicata ai 700 anni dalla morte di Dante. «Con lo stampo freddo dell’endecasillabo è quasi costretto a costruire dei tweet. Ha una straordinaria capacità di unire immagine e idea, in un sorprendente equilibrio armonico tra carnalità e spiritualità, contingenza, concretezza ed eternità».
Nella lettera il Papa cita i pontefici del secolo scorso, che hanno dedicato diversi scritti al sommo Poeta. E in particolare papa Paolo VI, che regalò una raffinata edizione della Commedia a tutti i padri conciliari, per dire della grandezza del poeta ma anche dell’intensità del teologo, sottolineando “Dante è nostro”. In Dante, dice, Francesco, si intrecciano teologia filosofia e bellezza. «Dante era un credente e aveva una straordinaria conoscenza della Bibbia, - è stato calcolato che la cita ben 588 volte - e anche della teologia e della filosofia del tempo», spiega Ravasi. «L’attualità del suo messaggio, dunque, in primo luogo è nell’invito ad approfondire la fede, a non vivere con superficialità». E poi, aggiunge, c’è l’insegnamento che viene dall’arte, «l’invito a tornare a cercare il bello, la luce, in questo periodo pieno di paure. Basti pensare che solo dal punto di vista tecnico scrive 14323 endecasillabi. Il gioco delle rime, gli accenti obbligatori, le tonalità, che rispettano lo stile e le regole della grammatica, dall’altra parte esprimono la creatività, lo splendore assoluto. È la grandezza della poesia che riesce a dire verità trascendenti».