«Boko Haram è un problema islamico. Ho detto ai miei amici imam che loro devono accettare di essere responsabili di questa gente che uccide in nome di Allah. All’inizio i leader musulmani dicevano che non c’entravano niente con loro, perché erano solo assassini, erano solo terroristi ma non islamici. Invece alla base c’è un’ideologia religiosa nata all’interno del mondo musulmano». Non si fa illusioni, il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan. Dal 1994 è arcivescovo metropolita di Abuja, la capitale della Nigeria. Nel 2012 ha ricevuto il premio Pax Christi International per il suo impegno a favore del dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani. Dopo aver fatto tappa ad Amman, in Giordania, è arrivato a Milano invitato dal cardinale Angelo Scola nell'ambito del progetto "Evangelizzare le grandi metropoli oggi". Il tema è quasi d'obbligo: Boko Haram, il gruppo terroristico che dal 2009 devasta il Nordest del Paese, con sconfinamenti ora anche in Camerun e Ciad, per imporre il Califfato islamico.
Eminenza, chi sono i Boko Haram?
«Il loro nome, oltre a quello più noto “tutto ciò che è occidentale è peccato”, si traduce così: “organizzazione dei sunniti per il Jihad”. Tra di loro c'è tanta gente che ha finito l'università e molti sono andati in Iraq per essere addestrati e imparare a combattere. Sanno usare molto bene Internet e i social network, tutti strumenti occidentali. Boko Haram fa parte dell'internazionale islamica del terrore che vediamo all'opera dall'Iraq alla Siria fino alla Libia».
Perché afferma che è un problema islamico?
«I Boko Haram sono solo una minoranza all'interno della comunità islamica nigeriana, però molto pericolosa. Sono come il veleno. Basta una piccolissima quantità per distruggere tutto. La stragrande maggioranza dei musulmani nigeriani non è d'accordo con quello che fanno però devono mantenere i rapporti con loro e riconoscere questo problema».
Il cardinale Onaiyekan con l'arcivescovo di Milano Angelo Scola in occasione dell'incontro con il clero ambrosiano
Sta cambiando qualcosa da questo punto di vista?
«Ci sono state dichiarazioni di molti leader musulmani ad altissimo livello che hanno preso le distanze. Ripeto: se non cambia l'atteggiamento dei musulmani in generale il problema dei Boko Haram non sarà risolto. E poi, bisogna guardare cosa si insegna ai bambini all'interno di madrasse (le scuole coraniche, ndr) e moschee e quello che si veicola attraverso i media».
L’estremismo e la violenza nascono da lì?
«Qui tocchiamo un problema molto serio e complesso. In Nigeria, molti musulmani vengono educati a non rispettare le altre religioni e a considerare l’islam come l’unica religione giusta e pura, frutto degli insegnamenti del Profeta. La volontà di Allah, quindi, deve valere per tutta l’umanità. Se si insegna tutto ciò e i bambini crescono con quest’idea, è chiaro che si crea un terreno fertile per l’emergere di Boko Haram, dell’Isis o di Al Qaeda. Il problema, quindi, non sono solo i Boko Haram ma l’atteggiamento dei musulmani in generale, che non sempre rispettano le altre fedi. Come è emersa questa ideologia mondiale? Questo i musulmani devono chiederselo per porvi rimedio».
I cristiani sono le prime vittime dei Boko Haram?
«Con tutta la mia responsabilità, dico che bisogna smetterla con questa storia che i cattolici nigeriani sono perseguitati dai musulmani. Non è vero. È importante la verità. La Nigeria non è solo una nazione islamica, il nostro presidente è cristiano, e il cinquanta per cento dei 160 milioni di nigeriani sono cristiani, non possiamo dire che siamo sotto persecuzione islamica. Se ci sono delle zone del Paese dove la chiesa locale vive enormi difficoltà, per esempio nel nord-est dove agisce Boko Haram che ha distrutto chiese, scuole, ma pure moschee e strutture governative, questo non significa che tutta la Nigeria è sotto persecuzione. I Boko Haram colpiscono non solo i cristiani ma anche i musulmani».
Il rinvio a fine marzo delle elezioni presidenziali, previste il 14 febbraio, è una vittoria di Boko Haram?
«Il governo ha detto che il 14 febbraio avrebbe cominciato una grande azione per eliminare Boko Haram in sei settimane. A causa di ciò, quindi non ci sarebbero stati soldati a sufficienza per garantire la sicurezza, essendo impegnati nell’offensiva. Io mi chiedo: perché allora non l’hanno fatto prima? Sono anni che aspettiamo. Se in sei settimane il governo ritiene di sconfiggere Boko Haram perché hanno atteso tanto tempo? La settimana scorsa ho incontrato i responsabili delle forze armate nigeriane e mi hanno assicurato che era tutto pronto e che c’erano uomini a sufficienza per proteggere tutto il paese durante le elezioni».
Come mai il governo non ce la fa a combattere questi terroristi?
«Una delle ragioni principali è la corruzione. Sono stati stanziati migliaia e migliaia di dollari per comprare armi contro i Boko Haram e sono spariti tra i politici e i capoccia dell'esercito. Se ci fosse più onestà e meno corruzione, sarebbe più facile sconfiggerli. I soldati governativi hanno fame, non gli pagano i salari. Mentre Boko Haram tratta bene i propri soldati. La corruzione è una piaga. Quando si arriva a questo livello c'è sempre una grande opacità. L'unica cosa che sappiamo è che malgrado i soldi stanziati il problema rimane tale e quale, c'è qualcosa che non torna».
I cristiani nel dilagare di questa corruzione hanno colpe?
«Mi spiace dire che su questo in Nigeria non c'è differenza tra cristiani e musulmani. Ci sono tanti che si sforzano di essere onesti in mezzo al dilagare della corruzione e queste persone si trovano sia tra i cristiani che tra i musulmani».
Che significa per la Nigeria avere un papa come Francesco che ha messo al primo posto il Sud del mondo. «Francesco sta proseguendo nell’atteggiamento di apertura che abbiamo visto in san Giovanni Paolo II. Un atteggiamento fatto di grande fiducia verso la nostra chiesa e verso noi pastori. Per noi è molto incoraggiante. In Africa ci sono tante contraddizioni. Da un lato, abbiamo moltissime difficoltà, corruzione, violenza, malattie, povertà, dall'altra c'è una fede molto vivace, fatta di gioia, musica e danza, vocazioni in crescita. La Nigeria è uno dei Paesi più religiosi del mondo ma secondo Transparency International è anche il più corrotto. Si tratta di una contraddizione enorme, da conciliare».