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mercoledì 18 giugno 2025
 
riflessione
 

Ecco perché non è possibile cambiare la legge sulla legittima difesa

09/12/2023  Dopo il caso di Mario Roggero, il gioielliere di Cuneo condannato in primo grado a 17 anni di carcere per aver ucciso due rapinatori che assaltarono il suo negozio nel 2021, riemerge la tentazione di proporre una riforma della legittima difesa per renderla senza limiti

Mario Roggero, dopo la condanna in primo grado a 17 anni di carcere, ha lanciato una raccolta fondi sui social per sostenere la spesa di 480mila euro per le famiglie delle due vittime e del rapinatore superstite
Mario Roggero, dopo la condanna in primo grado a 17 anni di carcere, ha lanciato una raccolta fondi sui social per sostenere la spesa di 480mila euro per le famiglie delle due vittime e del rapinatore superstite

Il caso del gioielliere di Grinzane Cavour (Cuneo) Mario Roggero – condannato in primo grado a 17 anni di carcere per aver sparato e ucciso due banditi durante una rapina al suo negozio avvenuta nel 2021 – un caso clamoroso per molti versi, compreso il fatto di essere avvenuto per intero davanti a una telecamera a circuito chiuso e quindi “visto” dal giudice come in un film”, riaccende più o meno sottotraccia una tentazione ciclica di certa politica: la promessa di una riforma della “legittima difesa” che la renda senza limiti, al punto da poter proteggere, non si dice dalla condanna ma anche dal processo chi la attua.

Ebbene chi fa questa promessa sa che è una promessa vana o, nella peggiore delle ipotesi, disonesta, perché in un Paese che aspiri appena a definirsi civile la scrittura di una legge così non si può dare, a meno di non ammettere di voler legalizzare una qualche forma di omicidio volontario. Il che non è plausibile.

Questo accade perché una legge ancorché sulla legittima difesa, nella necessaria astrattezza e generalità, non può ammettere zone franche per cui in un Paese democratico ci sia un morto ammazzato senza che nessuno vada a indagarne le ragioni. Mai, quand’anche fosse vero, basterà dire “sono stato aggredito ed ero in pericolo di vita” essendo creduti sulla parola: questo a garanzia di tutti noi.

Immaginiamo che ammettessimo una difesa senza possibilità d’indagine sempre legittima dentro le mura domestiche – cosa di cui s’è favoleggiato in promesse avventate del passato –: sarebbe una norma che si presta a un’infinità di abusi.

Chi ci potrebbe garantire, una volta che avessimo una legge così, di non essere attirati con una trappola in casa di qualcuno, che magari cova un’antica inimicizia verso di noi, a nostra insaputa, ed essere freddati da chi si giustifica col fatto che si stava in casa sua e che afferma mentendo che ci eravamo entrati con cattive intenzioni senza permesso? È ovvio che non sta in piedi: non può mai essere legittima una difesa che non sia proporzionata all’offesa, che non sia intervenuta mentre il pericolo è in corso (dopo sarebbe la legalizzazione della vendetta); che non passi al vaglio dell’accertamento dei fatti avvenuti, ossia di un’indagine e, in assenza di archiviazione, di un processo.

Chi promette di poter fare una legge così fa un doppio danno. Non solo promette una cosa che sa di non poter mantenere ma rischia, qualora cambiasse qualche parola alla legge, che comunque quei paletti fondamentali (proporzionalità/attualità del pericolo/indagine) non potrà spostare, di far credere alle persone di aver allargato le maglie al punto che sia diventato lecito un comportamento che, in realtà non lo è: per esempio sparare alle spalle di un rapinatore in fuga, in nome di un’asserita difesa “sempre” legittima, che non è legittima perché non è più difesa e che esiste solo nelle promesse elettorali.

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