«A 60 anni dal Vaticano II quel Concilio ancora ci precede. Abbiamo capito poco, ancora troppo poco del Vangelo». Nel numero da domani in edicola lo scrive don Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana, ricordando quella “Pentecoste” che rinnovò la Chiesa, alla cui apertura, avvenuta l’11 ottobre 1962, il settimanale cattolico dedica parte dei colloqui coi lettori e un dossier centrale di 16 pagine.
«Io c’ero», ricorda monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea ed ex presidente nazionale di Pax Christi, prossimo a compiere 99 anni (li festeggia il 26 novembre), ultimo padre conciliare italiano ancora vivente. Bettazzi racconta tra l’altro come fu vissuta l’ultima notte del Vaticano II. «Si stava limando il documento più importante, la “Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo”», racconta. «Verso le due del mattino, la Commissione teologica stava per licenziare il testo facendolo iniziare con le parole latine “Luctus et angor, le tristezze e le angosce”. Alcuni padri conciliari vollero un altro incipit. La Costituzione vide la luce titolata Gaudium et spes. Il senso complessivo non mutava.”Le gioie e le speranze (gaudium et spes, appunto), le tristezze e le angosce (luctus et angor) degli uomini d’oggi sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”. Cambia, e molto, la prospettiva. Iniziare con “luctus et angor” avrebbe trasmesso al mondo l’idea di una Chiesa accigliata, timorosa di quanto avviene fuori dal tempio, fortezza accerchiata».
«Bibbia e liturgia sono due svolte storiche apportate dal Concilio», puntualizza a sua volta Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e studioso del mondo ecclesiale. «La Scrittura è diventata nutrimento per ogni cristiano. Le Messe, intese come espressione di comunità vive, sono da allora celebrate nelle diverse lingue, per diventare comprensibili a tutti. Lì è maturato un ottimismo non velleitario», osserva inoltre Riccardi. «Il Vaticano II è una profezia ancora attuale», assicura, dal canto suo, il cardinale Marcello Semeraro, che nel dossier di Famiglia Cristiana evidenzia i i punti del Concilio ripresi e sviluppati dalla Chiesa con papa Francesco, dai poveri alla pace: «La Chiesa imparò allora ad amare la Parola di Dio, ma anche a leggere i suoi silenzi, scrutando i segni dei tempi, cosa più che mai importante in un’epoca di guerre, crisi e pandemia», afferma il prefetto del Dicastero delle cause dei santi, che ha seguito passo a passo la riforma voluta da Bergoglio. C’è bisogno di un Vaticano III? «I partecipanti a un Concilio ecumenico, oggi, sarebbero tantissimi, e ciò renderebbe ingovernabile l’assemblea», conclude il cardinale Semeraro. «Si può e si deve, invece, intensificare la collegialità episcopale, intensificando il dialogo tra il Pontefice e i vescovi delle diverse zone, chiedendosi che cosa hanno da dirci i vescovi dell’Asia o quelli dell’Africa e così via ».