Cari amici lettori, è ormai da qualche anno che nella Chiesa cattolica, per volontà di papa Francesco, si celebra la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, che cade il 1° settembre e si situa all’interno del Tempo del creato che va dal 1° settembre al 4 ottobre, festa di san Francesco. Come tutte le Giornate dedicate a qualche tema particolare nella Chiesa, rischia di diventare una memoria distratta, menzionata per routine ma disattesa nei fatti, perché “tante sono le cose da fare”.
Ma proprio gli eventi climatici estremi di questa estate, nonché le difficoltà che vengono dalla guerra in Ucraina (la penuria di gas e il rischio per le centrali nucleari, in particolare) rendono la ricorrenza più che mai attuale e ci interroga, come singoli e come comunità, sui nostri stili di vita. Alcune decisioni e misure, infatti, competono ai governi nazionali e agli organismi internazionali, ma altre sono alla nostra portata, di individui, famiglie e comunità parrocchiali. Il Papa, nel suo Messaggio per la Giornata, denuncia con forza «una sorta di dissonanza» nella voce del creato: quel «coro di grida amare» di sorella madre terra, che «in balia dei nostri eccessi consumistici, geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione».
È proprio di questi giorni la notizia, poco confortante, che una grande compagnia petrolifera che opera in Angola è autorizzata (!) a sversare in mare, vicino alle coste, tonnellate di scarti dannosi per l’ambiente provenienti dalla trivellazione del petrolio. L’invito del Papa è chiaro e forte: «Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi». È la coniugazione attuale dell’invito evangelico alla conversione (Matteo 3,2). Di fronte ad abitudini di vita che non è esagerato definire “predatorie”, il Santo Padre ci ricorda anche che «essere custodi dell’opera di Dio… non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana». E insiste: «Come persone di fede, ci sentiamo ulteriormente responsabili di agire, nei comportamenti quotidiani, in consonanza con tale esigenza di conversione».
A livello individuale, dovremo presto rispolverare alcune parole del vocabolario cristiano che abbiamo un po’ messo da parte: sobrietà, rinuncia, sacrificio di qualche comodità. Ce ne parla anche il giovane Matteo Nardi, nel servizio a pag. 20. Ma anche come parrocchie potremmo chiederci come contribuire, per esempio disinvestendo dalle fonti fossili e passando invece alle fonti rinnovabili. Può essere utile riprendere la Guida per comunità e parrocchie ecologiche della Focsiv (scaricabile da https://www.focsiv.it/guida-per-comunita-e-parrocchie-ecologiche/). Siamo soggetto di un potenziale, significativo cambiamento: 26.000 parrocchie in Italia sono una rete e una “potenza”. Il Movimento per il clima in Italia aveva lanciato un appello alla mobilitazione in questo senso, raccolto da alcune realtà cristiane. Un gesto che farebbe bene alla nostra “casa comune”, dando anche un esempio di pratica virtuosa a tutta la società civile. In spirito di fede, non potremmo osare qualcosa di più?