La preside dell'ITC "Enrico Tosi" di Busto Arsizio Amanda Ferrario.
Un pc, una tazzina di caffè e la campanella che suona puntuale alle 8 anche in questi tempi di Coronavirus lombardo. Elena Petruzio, docente di lingue da 25 anni, stamattina è a casa sua -e non potrebbe stare altrove nel rispetto dell’ordinanza della Regione Lombardia che non consente di accedere alle aule- ma i suoi studenti dell’Ite (Istituto Tecnico Economico) "Enrico Tosi" di Busto Arsizio, nel Varesotto, sono tutti in classe. Rigorosamente virtuale. «Siamo abituati a lavorare in modalità digitale: il registro elettronico consente la creazione di aule virtuali e ciascuno di noi riesce a essere in classe facendo tranquillamente l’appello attraverso un forum in chat».
Vengono quindi caricate le attività, il materiale, i link, si usa una lavagna che tutti possono vedere, i ragazzi inviano i lavori svolti, i compiti vengono corretti e visualizzati da tutti. «Alla prima ora ieri ho avuto lezione con una classe non tra le più semplici e sono rimasta molto sorpresa: alle 8 erano tutti ti lì, puntuali. Mi hanno molto commossa: in un collegamento audio una mia allieva ha persino detto che le manca la scuola. È davvero importante esserci, tenere questi ragazzi impegnati: tutti noi docenti abbiamo visto che c’è stata la loro voglia di fare, di tornare alla normalità». Prima delle 12 ci lascia, deve iniziare la sua lezione in videochiamata: usa Teams, un’app di Office, è un incontro importante, serve per preparare una prossima verifica.
Perché la scuola non si ferma, a dispetto di emergenze e calamità naturali, e dietro alla cattedra c’è chi si ingegna. «La passione muove il mondo», spiega la preside del Tosi, Amanda Ferrario, al telefono dal tavolino di un bar con a fianco la sua vicepreside, Cinzia Provasoli, mani sui pc e collegamento on line a supporto di un Istituto - 72 classi, 2000 ragazzi, circa 200 insegnanti- pienamente operativo. «Una modalità un po’ insolita, ma abbiamo tante cose da fare», dicono entrambe. «La nostra scuola - ci spiega la vicepreside- ha esperienza in questo campo. Abbiamo più volte usato questi strumenti per lavorare con gli studenti che realizzano il loro percorso alle superiori in quattro anni e che devono interagire con i docenti anche in modo diverso da quello tradizionale, oppure con gli studenti ospedalizzati». Una scuola all’avanguardia: «Lavoriamo tantissimo sulla didattica e sulla tecnologia applicata alla didattica - continua la vicepreside-. Creiamo dei tutorial in cui gli insegnanti vengono guidati passo passo e poi sono frequenti i corsi di formazione e di aggiornamento: spesso facciamo dei mini corsi della durata di due ore in cui alcuni docenti della scuola si mettono a disposizione per formare altri colleghi. Si condivide».
Ma si potrebbe pensare di essere nell’ambito dell’eccellenza, dell’eccezione. «In realtà le scuole d’Italia sono tutte pronte, allo stesso modo - precisa la dirigente del Tosi -. Basta avere un registro elettronico (ormai obbligatorio) e un cellulare per potersi connettere, che tutti i ragazzi hanno. Qualunque registro elettronico di qualunque tipo consente la creazione di un ambiente di lavoro, è poi possibile attivare classi virtuali, fare l’appello, fare lezione. I ragazzi si possono connettere in chat». Ma qualcosa di particolare occorrerà? «Formazione di base e un cambio di mentalità: partire da quello che c’è. Ci hanno scritto delle scuole, noi siamo in grado di dare loro supporto».
Per le superiori è più semplice, per i bambini della scuola dell’infanzie e delle elementari meno: «Rai educational ci potrebbe aiutare, magari con storie raccontate ai piccoli, pillole di intrattenimento ludico, dalle 9 alle 12». Un modo per fronteggiare l’emergenza: «Certo. Ovviamente vince sempre la relazione umana, parlarsi di persona è la cosa più bella. Ma in questi giorni particolari abbiamo scelto di fare comunità, di dire che la scuola c’è e che ci prendiamo cura dei nostri ragazzi e delle nostre famiglie». E per il futuro, a emergenza finita, la classe virtuale resterà sempre una risorsa utile? «Ovviamente, per una didattica individualizzata. Un esempio: i ragazzi eccellenti a volte sono i meno valorizzati. Si potrebbero attivare classi virtuali di rete, anche su tutto il territorio nazionale, con percorsi innovativi».