Il Cottolengo apre un hospice, cioè una struttura dedicata alle cure palliative e alla terapia del dolore. È un nuovo ramo di un albero che ha radici profonde. Da sempre, infatti, la famiglia cottolenghina fa della vicinanza a chi soffre una speciale vocazione, vissuta con grande competenza e con straordinaria umanità.
La Piccola casa della Divina Provvidenza di Torino (più nota con il nome del suo fondatore, il Cottolengo, appunto) sceglie una data simbolica, la Giornata Internazionale del Malato, per presentare un nuovo progetto. A Chieri (nel Torinese), in una struttura della Piccola Casa, nascerà un hospice, con 21 posti letto, per pazienti che hanno bisogno di cure palliative o della terapia del dolore. Parliamo, in gran parte, di pazienti con malattie allo stadio terminale. Persone che il Cottolengo intende accogliere e accompagnare, perché ogni istante della vita (anche quelli estremi, anche quelli in cui la sofferenza sembra insostenibile) siano vissuti con dignità e con la consapevolezza di avere accanto una presenza amorevole. L’hospice sarà operativo subito dopo l’estate.
In Piemonte le strutture dedicate a questo genere di terapie non sono molte. La scelta di Chieri è strategica: l’hospice diventerà punto di riferimento per un’ampia zona della Regione, compresa tra Torino e l’Astigiano, in cui finora non vi era sufficiente disponibilità di posti letto. Inoltre i costi di adeguamento saranno relativamente contenuti, poiché l’edificio era già stato ristrutturato di recente. Ma non sono solo le ragioni pratiche a determinare la scelta. «Quel luogo per noi è come un santuario» ha spiegato don Carmine Arice, padre generale della Piccola Casa. A Chieri, infatti, san Giuseppe Benedetto Cottolengo ha trascorso gli ultimi giorni di vita, stroncato dal tifo, mentre si prendeva cura dei malati, durante la violenta epidemia del 1842. «Nel luogo dove il nostro fondatore è morto santamente, vogliamo accompagnare le persone a concludere la loro giornata terrena con dignità». «L’esperienza quasi bicentenaria della Piccola Casa» ha aggiunto il Padre Generale «ci testimonia che è la compassione – nel senso etimologico del termine, “cum-patire” – il più grande antidoto alla domanda di morte che, non di rado, ha la sua radice nella solitudine derivante da un inadeguato approccio terapeutico, oltre che dalla mancanza di un accompagnamento psicologico e spirituale adeguato».
Fin dal suo nascere, il progetto ha ricevuto l’appoggio della Diocesi di Torino. «La scelta di impegnarsi in questo campo credo sarà accolta con grande favore, non solo dalle famiglie con congiunti che si trovano nella dolorosa situazione del fine vita, ma anche dall’intero sistema sanitario pubblico e privato del nostro territorio» ha sottolineato l’arcivescovo Cesare Nosiglia. Alla nascita dell’hospice ha contribuito anche la Regione Piemonte, facilitando, tra l’altro, l’iter burocratico preliminare all’adeguamento della struttura. «La pandemia ci ha insegnato che sulla sanità non si deve tagliare, ma bisogna investire, valorizzando in particolare la medicina territoriale» ha affermato il governatore Alberto Cirio «La scelta del Cottolengo va nella direzione della sussidiarietà, fondamentale per offrire risposte adeguate ai cittadini».