Tutto è iniziato alla vigilia di Napoli-Genoa, il 26 settempre, quando la squadra della lanterna ha scoperto due giocatori positivi, atteso il risultato dei tamponi degli altri il Genoa è partito per Napoli dove ha giocato perdendo 6-0. Peccato che i tamponi inizialmente negativi (forse perché arrivati troppo vicini al contatto a rischio) ripetuti il lunedì si sono rivelati inattendibili scoprendo ben 12 positività tra i calciatori diventate 22 nei giorni successivi. Era solo la prima giornata e il protocollo anticovid della Serie A ha mostrato i suoi limiti.
Nel corso della settimana successiva sono risultati positivi, a seguito dell’incontro, anche due giocatori del Napoli. Domenica 4 ottobre la squadra partenopea avrebbe dovuto giocare allo Juventus stadium a Torino in serata, ma due Asl campane hanno messo la quadra in quarantena, nella preoccupazione che il viaggio potesse innescare nuovi focolai nella Regione che al momento mostra un elevato incremento di casi giornalieri. Il direttore generale dell’Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva ha spiegato con queste parole ai microfoni Rai la vicenda «I giocatori e lo staff del Napoli sono in quarantena e pertanto non possono lasciare il domicilio dichiarato, questa è di stretta competenza dell’ASL. Non abbiamo mai espresso alcun divieto di partire o di giocare, non è nelle nostre competenze. È chiaro che la consequenzialità ad una nostra disposizione di quarantena dei giocatori, noi non entriamo nella questione di giocare o meno. Se il Napoli avesse contravvenuto alla disposizione della quarantena fiduciaria, sarebbe stato soggetto a sanzioni amministrative e possibili reati diversi, essendo in atto una pandemia». «Se non avessimo fatto questo», gli ha fatto eco il Direttore generale dell'ASL Napoli 2 Nord, Antonio d'Amore, saremmo incorsi in una mancanza di sorveglianza sanitaria"»
La Juventus, dal canto suo, sostenendo la prevalenza del protocollo Figc firmato lo scorso giugno con il placet del Comitato tecnico scientifico che fa consulenza al Governo da quando è iniziata la pandemia – secondo cui sarebbero andati in quarantena solo i giocatori positivi - è entrata in campo per giocare, pur sapendo che l’avversario non sarebbe arrivato. Il protocollo prevede infatti chee squadre siano tenute a scendere in campo se hanno almeno una rosa di 12 più un portiere negativi ai test che precedono la gara. Se sono di più la squadra che non può scendere in campo subisce la sconfitta di 3-0 a tavolino. Se dieci o più giocatori risultano positivi per sette giorni consecutivi, la squadra può chiedere il rinvio della prima gara utile, rinvio che può essere chiesto una sola volta a stagione per ogni club.
Il Napoli non condivide l’interpretazione juventina, condivisa dalla Lega, e si appella invece alle righe che nel protocollo della Lega Serie A dicono che le norme transitorie per il campionato 2020-21 contengono disposizioni valide per la stagione in corso «indipendentemente da quanto disposto dal altre norme e/o regolamenti applicabili alla singola competizione e fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o regionali».
Ci si accapiglia su quanto giuridicamente un'Asl sia emanazione regionale e si annunciano ricorso. Il punto sostanziale però è che il protocollo attualmente in vigore, con la quarantena riservata al solo giocatore positivo, proposto dalla Federcalcio e accettato dal Comitato Tecnico Scientifico scritto sul modello di quello della Bundesliga è stato validato lo scorso 12 giugno, quando la situazione della pandemia in Italia era parecchio diversa da ora e quando forse si sperava che non si sarebbe mai arrivati a contare davvero quei 13 giocatori negativi risicati, men che meno ai 22 del Genoa. E il 4 ottobre il Cts è intervenuto a dire che «la responsabilità è sempre dell'Asl e del medico sociale».
Resta il fatto che in Italia è la Costituzione a dire che ragioni sanitarie possono temporaneamente arrivare a limitare anche diritti fondamentali come la libertà di movimento (articolo 16) e che la competenza in materia sanitaria è regionale. La Rete si scatena insinuando sarcastica che la Lega calcio sta cercando di riscrivere la gerarchia delle fonti del diritto e intanto il nodo dei conflitti di competenza si avviluppa. Perché il tentativo di salvare la capra del campionato i cavoli della sicurezza sanitaria si sta rivelando, a questo punto della curva dei contagi, più arduo di come il protocollo l’aveva immaginato.
Mentre il giudice sportivo si è riservato di decidere sul risultato a tavolino di Juve-Napoli chiedendo un supplemento di indagine, un vertice tra il ministro dello Sport VIncenzo Spadafora (nella foto), il presidente di Lega Calcio Paolo Dal Pino e il presidente di Federcalcio Gabriele Gravina prova a sbrogliare la matassa. Perché ormai è chiaro che se vale il protocollo aggiornato al 5 ottobre rischia di scappare di mano la situazione sanitaria, se il protocollo non prevale il campionato rischia di avere vita breve. Per il momento si decide che tutto resta com'è, cioè che vale il protocollo ma va rispettato alla lettera con con controlli stringenti e quarantene nella "bolla" del ritiro e non a casa. Ma è probabile che la questione sia solo riamandata alle prossime giornate.