Non «la Terra dei fuochi», ma «le Terre dei fuochi». Perché «non è un luogo circoscritto ma un fenomeno vasto e diffuso provocato non solo dalla camorra ma anche da imprenditori e politici. E mentre qualche camorrista si è già pentito, aspettiamo i pentimenti di qualche industriale del Nord e di qualche politico, nel frattempo cercheremo non solo di sostenere i giovani che vogliono tornare alla vocazione dell’agricoltura facendoci garante di una coltivazione sana ma anche di instaurare un dialogo con la Regione fino ad oggi difficile». È il grido di dolore del vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, presidente della Conferenza episcopale campana che nella ‘sua’ diocesi sabato 17 aprile ospita il convegno nazionale “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro” promosso dalla Conferenza episcopale italiana, rappresentata dal suo presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti (monsignor Di Donna ha anche annunciato che proprio ad Acerra conta di salutare quanto prima Jorge Mario Bergoglio in visita apostolica). Insieme a loro anche monsignor Carlo Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente della commissione episcopale per il servizio della carità e della salute e monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale italiana per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace.
L’obiettivo del convegno è quello di sensibilizzare le Chiese in Italia e diffondere una pastorale che possa essere trasmessa con azioni concrete come catechesi o progetti ai fedeli. I vescovi vogliono puntare l’attenzione verso la custodia del creato a sei anni dalla Lettera enciclica Laudato si di papa Francesco sulla cura della casa comune, pubblicata il 24 maggio 2015. E lo fanno con la delicatezza con cui hanno accompagnato i genitori che hanno perso i loro figli a causa del cancro, a cui dedicano il convegno, ma anche con la forza necessaria che oggi occorre affinché il problema ambientale diventi una priorità a cui dare risposte pratiche.
Da Nord a Sud la cartina dell’Italia che i vescovi hanno mostrato è il simbolo di una terra da curare. Tranne il Molise, tutte le regioni sono contaminate e i dati sono particolarmente allarmanti: 42 siti contaminati d’interesse nazionale (SIN censiti dal Ministero della Transizione Ecologica) che insistono in 78 Diocesi italiane; rilevando una superficie complessiva a terra dei SIN pari a 171.198 (che rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano), e un estensione complessiva delle aree a mare ricomprese nei SIN pari a 77.733 ettari.
“La salute non è solo pastorale sanitaria o ospedali ma è legata all’ambiente e al lavoro e alle problematiche sociali - spiega monsignor Carlo Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia - come presidente anche di Caritas italiana, mi rendo conto di quanto questo problema si rifletti soprattutto sulle persone più povere e fragili. Questo convegno è un’occasione di riflessione che deve coinvolgere tutto il Paese”.
Tre i pilastri che dovranno camminare insieme per il rispetto della ‘Casa Comune’: “Ambiente, salute e lavoro non sono opzioni singole da scegliere - spiega monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto ma un qualcosa che dovrà sintetizzarsi e produrre un risultato in piena sintonia per bloccare questa situazione drammatica a livello nazionale che mette a repentaglio la vita e la dignità delle persone, sacrificandola a un modello economico che ha la massificazione del profitto ignorando le persone e l’ambiente”
E proprio il rispetto per l’ambiente che il presiedete della Conferenza episcopale campana mette al centro della questione, impegnandosi a sostenere il ritorno ad una ‘Campania Felix’. “La nostra terra ha sempre avuto due vocazioni, quella turistica e quella agricola - spiega il vescovo di Acerra Antonio Di Donna presidente della Conferenza episcopale campana - la nostra regione ha vissuto tre fasi la prima riguarda la fuga dei campi con il sorgere delle industre ed il miraggio del posto fisso che negli anni è saltato poi la trasformazione delle terre che sono state ‘barattate’ con gli insediamenti urbani magari con appartamenti per arrivare a circa 20 anni fa quando con scempi nei confronti della terra si sono verificati i fenomeni di interramento dei rifiuti tossici, gli industriali del nord sono venuti qui a versare rifiuti illegalmente con la complicità della camorra qui avversare rifiuti. Stiamo lavorando affinché la dicitura Terra dei Fuochi non significhi terra di camorra, più soggetti sono responsabili di questo inquinamento, i rifiuti tossici da smaltire vengono da fuori, quindi gli industriali del Nord con la complicità di politici, camorristi locali, ed è chiaro che le ecomafie hanno fiutato l’affare rifiuti da sempre, un camorrista pentito disse che ‘'a monnezz è oro’ e le mafie lo avevano capito subito. Alcuni camorristi difronte alle morti si sono pentiti. Aspettiamo pentimenti di industriali del nord e politici mentre qui ora c’è una timida ripresa dell’agricoltura. Una delle prime cose che ho fatto da vescovo è stata dare fiducia agli agricoltori, aiutarli nel cammino di ripresa che è in salita. Ma crediamo che il futuro sia nella ripresa dell’agricoltura, ecologicamente sostenibile e tecnologicamente avanzata, non è facile ma alcuni giovani stanno riprendendo questo lavoro anche con il sostegno della chiesa e proprio come chiesa vogliamo essere garanzia di un prodotto locale genuino”.