Un crocifisso ispirato all’uomo della Sindone: una piccola scultura in bronzo, fissata a una croce in legno di ciliegio. Piccola nelle dimensioni, ma densa di significati. Un crocifisso “atipico”, che trascende l’iconografia tradizionale (ereditata da millenni di storia dell’arte), per restituirci un’immagine più coerente con i dati storici e scientifici relativi alla crocifissione, pratica di disumana crudeltà, che esponeva il condannato a sofferenze indicibili. Ma quell’opera è atipica anche perché nata in modo speciale: a realizzarla, infatti, è stato lo scultore non vedente Andrea Bianco.
«La Sindone non l’ho mai vista» racconta. «Udito e tatto sono i miei strumenti di lavoro». Con l’udito l’artista ha ascoltata le minuziose descrizioni di Emanuela Marinelli (studiosa di Sindone da decenni e autrice di svariate pubblicazioni in materia). E con il tatto ha modellato l’opera, passo dopo passo, sottoponendo via via il suo lavoro alla studiosa, ma anche ad altri occhi esperti: «L’ho mostrato perfino al mio ortopedico, per essere sicuro della correttezza delle proporzioni e dei dettagli anatomici».
Un cammino paziente, delicato e tenace. Un risultato raggiunto per vie alternative, sicuramente più ardue, ma non meno efficaci. Sì, perché, alla fine, ciò che si ha davanti agli occhi non è l’opera di un artista non vedente, ma è l’opera tout-court, l’opera e basta. Senza bisogno di aggettivi o specificazioni. Rispetto alle rappresentazioni tradizionali, nel crocifisso sindonico saltano all’occhio alcuni dettagli, come spiega lo stesso Andrea Bianco: «Il capo è molto reclinato in avanti. Un lembo della barba è strappato, il setto nasale è rotto. Si nota un colpo di bastone sullo zigomo destro. E un occhio è tumefatto, come quello di un pugile. Inoltre sulla fronte c’è un rivolo di sangue che sembra disegnare un 3».
E ancora: «I chiodi non sono nelle mani, ma nei polsi, e i pollici quasi non si vedono, come effetto della lesione dei nervi causata dai chiodi».
Poi, scendendo, si notano il colpo di lancia sul costato e diverse altre ferite, conseguenze di cadute e colpi di flagello. Tutti questi dati derivano dalla lettura del telo sindonico. E hanno un peso rilevante, poiché, come gli studi di anatomopatologi e altri specialisti hanno messo in luce, l’immagine impressa sul sudario torinese riproduce in maniera fedele le condizioni di un uomo sottoposto a crocifissione e deceduto per asfissia. Il crocifisso sindonico, dunque, cerca una coerenza scientifica, «però è anche un’opera davanti alla quale viene voglia di pregare» commenta Emanuela Marinelli, suggellando una collaborazione ormai consolidata con lo scultore. Infatti, già nel 2021, sempre sotto la guida della studiosa, Andrea Bianco aveva realizzato una scultura intitolata Ecce Homo, ispirata al volto della sindone. «Ora potremmo proseguire» rilancia Marinelli, «con un’immagine del Cristo morto, deposto dalla croce».
Presentato nella cattedrale di Torino (quindi a pochi passi dalla teca che custodisce il sudario) durante un momento di preghiera presieduto da don Carlo Franco, parroco del Duomo, il Crocifisso resterà esposto in chiesa per tutto il periodo pasquale. Successivamente verrà traslato nel sottostante museo diocesano e collocato nella sezione relativa alla Sindone.