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venerdì 15 novembre 2024
 
 

L'Italia sotto le macerie dei partiti

14/10/2012  Il Barometro Politico di Demòpolis mostra che la fiducia nei partiti è ormai a zero. E' giusto. Ma che cosa resta della politica senza i partiti?

Ci sono notizie che, come certi cibi avariati, danno molta soddisfazione all'inizio del pasto e provocano molti dolori alla fine della digestione. E' quanto avviene con la lettura dei risultati dell'ultimo Barometro Politico dell'Istituto Demòpolis, che certifica la fine di qualunque fiducia nei partiti da parte dei cittadini: solo il 3%, oggi, si fida dei partiti (era il 20% nel 2008: già poco in assoluto, ma tantissimo rispetto a ora), un tasso di (s)fiducia che è il minimo storico degli ultimi trent'anni. E in caso di elezioni l'astensionismo dichiarato sarebbe intorno al 32%.

 
"Gli scandali delle ultime settimane", commenta Pietro Vento, direttore del'Istituto Demòpolis, "sembrano aver dato il colpo di grazia alla fiducia dei cittadini, e ad apparire in crisi, ormai, è la stessa legittimazione della classe politica. La crescente insofferenza degli italiani verso i partiti che hanno governato il Paese negli ultimi anni sta determinando un netto incremento non solo dell'astensione ma anche di quanti non saprebbero chi votare, ormai oltre il 23%. Si tratta in prevalenza di elettori dell'area moderata in cerca di rappresentanza, di nuove valide ragioni per tornare alle urne".
 
 

Come ricorda Vento, i partiti in fondo stanno facendo la fine che si meritano, tra scandali da urlo e un'inefficienza (anche parlamentare) non meno scandalosa. Ma la domanda di difficile digestione, appunto, è: finiti i partiti, che cosa c'è per l'Italia? E' ancora possibile la politica fuori dal sistema dei partiti?


Non è una domanda oziosa o retorica. L'abbiamo già visto succedere. Ricordate il 1994, il nuovo partito (Forza Italia) creato dal nulla da Silvio Berlusconi? Ricordate per quanti anni Forza Italia si portò appresso la nomea di "partito di plastica", senza congressi, senza correnti, tutto appeso alle decisioni del Capo e della sua stretta cerchia di collaboratori? Bene, in questi giorni il PdL (erede appunto di Forza Italia) si dibatte tra mille correnti, con lo stesso Berlusconi (oltre a molti militanti) che accusa lo staff dirigenziale di essersi troppo chiuso su se stesso. Di essersi partitizzato, appunto.

Fuori dalla forma partito, insomma, pare esserci solo il culto della personalità, l'omaggio al Capo che tutto può e tutto decide. Identica cosa è successa alla Lega Nord: anche lì, niente congressi, nessuna democrazia interna, Umberto Bossi per tutti. Fino a quando... beh, sappiamo tutti che cos'è successo.

Il Pd? Quello è il partito più partito di tutti, con i vecchi difetti che gli altri volevano appunto evitare. Correnti? Quante se ne vuole. Congressi? Quanti se ne vuole. E poi le primarie, la contestazione perenne del Capo, le decisioni prese e subito dopo sabotate... Insomma, tutto l'armamentario che ha stufato gli italiani. 

Che altro resta? Il Movimento % Stelle, che il Barometro Politico dell'Istituto Demòpolis dà ormai saldamente ancorato nei pressi di quota 20%. Anche qui abbiamo un leader, Beppe Grillo, che promette di essere molto diverso da Berlusconi e da Bossi, anche nella gestione del Movimento. Che succederà, però, quando i "grillini" manderanno un po' dei loro in Parlamento? Quando bisognerà agire e non solo protestare? Quando l'attività politica pretenderà un'organizzazione, un calendario, riunioni, votazioni? Riuscirà il Movimento a non diventare un partito, e dopo un po' magari un partito come gli altri: democraticamente diviso, con una leadership democratica e per questo democraticamente contestata o criticata, con qualche parlamentare magari pronto a dissociarsi dalla linea in questa o quell'occasione?

Ah, già, ci sono anche i tecnici. Monti, Passera, Fornero, Cancellieri, Riccardi, Grilli... Ma non abbiamo appena finito di dire che la loro è una parentesi (i più critici dicono: una "sospensione della democrazia") destinata (dicono anche: per fortuna) a chiudersi presto? Non dicono, gli intellettuali, che la politica deve riappropriarsi del proprio ruolo? E come farà, come farebbe, senza i partiti?

Il periodo del Governo Monti avrebbe dovuto essere impiegati dai partiti per la riforma più preziosa ed essenziale: quella, appunto, dei partiti stessi. Non è successo e le intenzioni dei cittadini elettori sono, come vediamo, punitive.  Ma l'esigenza di quella riforma resta. E la punizione, se arriverà, ricadrà anche sulle nostre spalle.






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